Editoriale Radio Onda Libera del 23 ottobre 2013
Un altro caso fa litigare i partiti. Una legge su come affrontare la crisi? Un
provvedimento per aiutare le imprese a crescere? Un'iniziativa per sostenere
l'occupazione giovanile. No, niente di tutto questo. La questione che fa
infuriare i partiti è l'elezione di Rosy Bindi alla presidenza della
commissione antimafia, eletta al ballottaggio con 25 voti di Pd e Sel.
La nomina è stata occasione per nuove frizioni tra i due principali
partiti di maggioranza, Pd e Pdl. E il mancato accordo su un nome condiviso ha
spinto il Pdl a non partecipare al voto e a chiedere le dimissioni della Bindi.
Le polemiche non sono solo tra dem e Pdl. Anche all'interno al Partito
democratico c'è chi solleva dubbi parlando di occasione mancata. Il punto nodale
non è sulla persona, piuttosto sulle modalità di come si è svolta la votazione,
meglio la maggioranza assoluta su un organismo così importante.
In
antimafia si è rotta anche l'alleanza fra Pdl e Lega. In un primo tempo i due
componenti del Carroccio avevano annunciato di non partecipare neanche loro al
voto, come il Pdl. Ma poi hanno votato e hanno ottenuto anche uno dei due
segretari.
Due considerazioni su questa vicenda. La prima, da contestare
il metodo. Quando si tratta di commissioni bicamerali logica e buon senso
vorrebbero che la presidenza sia affidata a un nome condiviso. Invece si è visto
il solito mercanteggiamento tra i partiti per ottenere uno strapuntino.
La seconda considerazione è nel merito, la funzione di una commissione
come quella antimafia. Onestamente non sappiamo e non abbiamo visto in questi
anni grandi lavori e grandi iniziative partoriti da una commissione così
importante sulla carta. Allora, che cos'è questa commissione se non il solito
organismo per spartirsi una poltrona in più?
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