mercoledì 6 febbraio 2013

Sulle tasse non si può giocare

Editoriale Radio Onda Libera del 6 febbraio 2013

La pressione fiscale raggiungerà nel 2013 il record storico del 45,1% del Pil, ben 13,7 punti percentuali in più rispetto al 1980. Il calcolo è della Cgia di Mestre, secondo cui, in termini assoluti, ciascun italiano (bambini e ultracentenari compresi) verserà quest'anno un carico di imposte, tasse e contributi pari a 11.735 euro. Ben il 125% in più di quanto abbiamo pagato nel 1980 (5.215 euro pro capite) quando il gettito fiscale e contributivo fu pari a 63,8 miliardi di euro contro i 714,3 miliardi previsti per il 2013.
Il dato relativo alla pressione fiscale calcolato per l'anno in corso, fa notare la Cgia, è leggermente inferiore al dato previsto nell'autunno scorso dal Documento di economia e finanza (45,3%) in quanto tiene conto delle disposizioni fiscali introdotte dal Parlamento con la Legge di stabilità che, per l'anno in corso, ridurrà di 0,2 punti percentuali la pressione fiscale.
Per il segretario Bortolussi, «oltre a tener conto che per i contribuenti onesti la pressione fiscale reale si attesta ormai sopra il 54%, quando quest'ultima si calcola al netto dell'economia sommersa, possiamo tranquillamente affermare che nel 2013 gli italiani lavoreranno per il fisco sino alla metà di giugno. Una cosa insopportabile».
Bene, anzi male. Eppure anche in questa campagna elettorale assistiamo al solito siparietto. E cioè che tutti, in misura maggiore o minore, promettono di tagliare o addirittura eliminare le tasse. Ma due domande sorgono spontanee. Perché vengono messe  se poi e' possibile toglierle? O e' necessario imporle per garantire i servizi o e' uno sfizio dei governanti di turno. E perché alla vigilia del voto chi più chi meno promette di alleggerire la pressione fiscale pur sapendo che non e' possibile?
Questo modo di fare e' vecchio, superato, anche un po' ridicolo.  E comporta, almeno speriamo, un errore di sottovalutazione della capacita' dei cittadini di discernere la credibilità delle proposte che vengono sbandierate. Del resto aveva ragione Bismarck quando diceva che non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono in campagna elettorale. Per fortuna che le bugie hanno le gambe corte.

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