domenica 24 febbraio 2013

Andiamo a votare
per il bene di tutti

Il punto del direttore del 24 febbraio 2013

Vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio. Tutti ricordiamo l’esilarante appello di uno straordinario Totò con il megafono in mano nel film cult “Gli onorevoli”. La sua fu una trovata azzeccatissima di marketing elettorale. E oggi quella scena vale la pena richiamarla per rivolgere l’invito a votare. Anche e soprattutto a coloro che sono indecisi e pensano sia inutile recarsi alle urne. Anche e soprattutto a coloro che sono sfiduciati e ritengono che un partito sia uguale all'altro. Anche e soprattutto a coloro che sono rassegnati perché credono che non cambierà nulla.

Il voto è un diritto sacrosanto, garantito dalla Costituzione, e attraverso il suo esercizio si esprime la democrazia. E dal punto di vista morale un dovere civico. Ma in un momento di estrema difficoltà come quello che stiamo vivendo il voto è anche un obbligo. Sì, un obbligo perché il Paese ha bisogno di un governo legittimato dalle urne, ha bisogno di un governo che amministri pensando al bene comune, ha bisogno di un governo che sia capace di ridare certezze ai cittadini, ha bisogno di un governo che sappia individuare le misure giuste per fronteggiare una crisi senza precedenti. Certo, la speranza è legata alla governabilità ma questo è un altro tema. Al di là dei propri orientamenti e delle proprie convinzioni, l’importante è andare a votare. Non interessa quale partito si vuole premiare (o punire), per quale schieramento si vuole tifare, o cosa decidere di fare con la scheda nel segreto dell’urna.
Quello che conta è non abdicare a un diritto che per ottenerlo è costato un caro prezzo. Quello che conta è abbassare il più possibile la percentuale degli indecisi e degli astensionisti che secondo i sondaggisti della vigilia sono un numero cospicuo. Quello che conta è non lasciarsi assalire dallo sconforto e impigrire dal clima invernale. Non andare a votare significa delegare agli altri la propria scelta, significa rinunciare ad apportare il proprio contributo da cittadino. E quindi affidarsi passivamente a ciò che decide la maggioranza dei votanti. Mai come in questo periodo di crisi anche della politica sarebbe giustificato stare alla larga dalle urne. I partiti non sono stati capaci di rinnovarsi, di cambiare pelle, di farsi interpreti veri delle istanze delle comunità. E le condizioni dei cittadini e delle famiglie sono peggiorate, tra tasse, disoccupazione e mancanza di futuro, di prospettive. Ma proprio perché la situazione è così grave rinunciare a votare non cambia o migliora le cose. Anzi. Se anche noi non ci occupiamo di politica, la politica si occuperà comunque di noi. Questo è chiaro.
Vogliamo invece credere che il nostro voto sia indirizzato a chi fa la buona politica, a chi pensa agli interessi generali e non a quelli personali, a chi capisce che la gente non ne può più di vitalizi, auto blu, laute indennità e pensioni d’oro. Vogliamo credere che il nostro voto sia utile a noi e non a quei partiti che pensando alle alleanze future si ricordano dei cittadini solo durante la campagna elettorale quando sbandierano le solite promesse e sanno già che non le manterranno. Vogliamo credere che il nostro voto serva ai futuri parlamentari per tagliare i costi ed eliminare gli sprechi, per realizzare un sistema giusto e basato sul merito, per far diventare l’Italia un paese normale. In conclusione, la cosa migliore da fare è andare a votare. Per il nostro bene, per il bene di tutti. E quindi, come diceva il principe De Curtis, vota, vota vota. Il nome, Antonio, è superfluo, il verbo è decisivo.
anna.mossuto@edib.it
www.annamossuto.it

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