domenica 3 febbraio 2013

Le aziende a secco
e i politici fanno il pieno

Il punto del direttore del 3 febbraio 2013

Questa campagna elettorale è atipica, fatta di toccate e fughe, un incontro qui e una cena là, una conferenza volante e un'intervista collettiva. In una giornata si toccano anche più regioni. Di chilometri se ne macinano tanti, di comizi se ne organizzano pochi, pochissimi perché tanto non tocca cercare le preferenze e poi c'è il rischio concreto che piovano fischi e insulti... In palio c'è solo il voto al partito, il porcellum garantisce a chi è stato candidato in posizione ottimale di entrare in Parlamento senza sprecare tante energie e neppure tanti soldi.

In questi giorni si registra una pratica alquanto diffusa secondo cui quei candidati che sognano il posto al sole siglano accordi, ovviamente tutti sulla parola, con altri candidati di liste diverse e anche di partiti di opposta coalizione per attuare il 24 e il 25 febbraio il cosiddetto voto disgiunto. Alla Camera si vota una lista, al Senato un'altra. O viceversa. Questo per indebolire un collega dello stesso partito che corre per un seggio diverso e di conseguenza favorire l'avversario di un altro partito.
Niente di nuovo (e di strano) sotto il sole della politica, si potrebbe dire. Del resto i coltelli sono sempre volati tra i politici anche durante i periodi di calma piatta, figuriamoci nel clou di una campagna elettorale.
Intanto i leader nazionali, candidati e no, si prestano a passerelle veloci nelle nostre città, accolti e omaggiati dai capicorrente del posto, per parlare dei massimi sistemi, ignorando il più delle volte le situazioni locali. Ma tant'è…meno male che ci sono argomenti concreti che ci riportano con i piedi per terra, come ad esempio la vicenda disarmante dei buoni benzina al Comune di Perugia o la protesta clamorosa e accorata dei commercianti e dei piccoli imprenditori. Partendo dai primi, è assurdo resocontare di atti come l'approvazione di due articoli del regolamento che prevede il bonus carburante per i consiglieri comunali residenti oltre il cartello stradale che indica il nome del capoluogo. Innanzi tutto perché in momenti come questi, in cui si parla tanto di costi della politica, pensare a come e perché farsi rimborsare i chilometri quando si va in consiglio comunale o in commissione è veramente surreale e anacronistico. Poi, se si calcola che i "magnifici" esponenti politici che hanno alzato la mano per dare il via libera al provvedimento hanno perfino deciso che il rimborso spetta anche a chi abita nel territorio comunale ma al di là della scritta bianca "Perugia", non solo quindi ai residenti fuori dal capoluogo, allora veramente si può sostenere che non c'è limite al buon senso. Sia ben chiaro che non è stato fatto nulla di illegittimo, ma discutibile, a nostro avviso, dal punto di vista dell'opportunità politica. E quest'operazione non è orfana, anzi è in parte trasversale con esponenti di maggioranza, Pd, e opposizione, Udc e gruppo Sbrenna. Una postilla: non si capisce perché i democratici gridano al sensazionalismo quando viene riportato quanto accaduto nella commissione affari istituzionali di Palazzo dei Priori. Forse chi ha firmato quella nota avrebbe preferito che non si sapesse, che i cittadini non fossero informati che chi abita a San Sisto o a Ponte San Giovanni può chiedere il rimborso benzina. Ma così non funziona, ancora, e per fortuna.
Un altro macro tema che ha investito l'Umbria è la protesta organizzata dalla Confcommercio che ha voluto urlare la propria disperazione rispetto a dati spaventosi, terribili, che raccontano di imprese che chiudono i battenti, di posti di lavoro che si perdono. E nell'esprimere con forza e ad alta voce la loro rabbia gli esercenti della regione hanno anche contestato sonoramente i politici che si sono presentati in prima fila alla manifestazione, responsabili di non rendersi conto e soprattutto di non fare nulla per cambiare la situazione. La contestazione è stata bipartisan, indirizzata a rappresentanti di destra, di sinistra e di centro. Perché al di là delle persone e dei partiti di appartenenza, a finire sott'accusa è la classe politica in generale. Quella che non si rende conto che ogni minuto muore un'azienda, che non ha la consapevolezza delle difficoltà economiche in cui vive la gente comune, che ignora lo stato d'animo dei giovani che sono in cerca di un lavoro. E continuando di questo passo si potrebbe stilare un elenco lunghissimo, doloroso, di emergenze. Ma lo spazio è poco, tanto vale fermarsi qui.

anna.mossuto@edib.it
www.annamossuto.it

Nessun commento:

Posta un commento