martedì 13 dicembre 2011

La droga e una strage senza fine

Editoriale Radio Onda Libera del 9 dicembre 2011

La droga uccide sempre, in certi periodi dell'anno con più frequenza. In Umbria, dove si registra il triste primato per morti da overdose, sembra un bollettino di guerra. Ieri un'altra vittima, un uomo di 38 anni, trovato senza vita all'interno di un'auto par heggiata nelle campagne di magione. L'altro ieri una donna di 50 anni uccisa nella sua abitazione nel centro di Perugia. Due giorni prima un ragazzo di pila, alla periferia del capoluogo, ancora la settimana scorsa una donna di 40 anni.


Insomma un elenco senza fine di morti, di vite buttate senza un perché. E l'abitudine a queste fatti non fa più notizia, purtroppo. Eh si perché chi muore per droga, in certa opinione pubblica, se l'è voluto, si è ammazzato con le proprie mani, quindi la responsabilità non è di nessuno. Un modo questo forse pilatesco per affrontare il problema ma realistico.
Due riflessioni vanno fatte: la prima è che ogni morto per droga è una sconfitta di una comunità, di una famiglia, di tutti noi. Perché significa che non siamo riusciti ad aiutare chi in preda alla disperazione ricorre agli stupefacenti. Chi arriva a drogarsi significa che è debole, incapace di reagire alle brutture e alle delusioni della vita. All'inizio si può provare e arrivarci anche per gioco o per curiosità ma poi si entra in un tunnel di angoscia e di sofferenza dove la strada è segnata.
La seconda riflessione la facciamo su come è cambiata la clientela, l'identikit di chi assume stupefacenti. Non più, o meglio non solo i giovanissimi, ricorrono alla droga, ma gli adulti, quelli che sono sulla quarantina, che hanno già o hanno avuto una posizione nella società. Questo è un fenomeno impressionante perché sancisce una crisi di valori profonda. Pensate che un responsabile di una comunità disse che da qualche tempo sono i figli ad accompagnare i genitori a disintossicarsi.
Allora, di fronte a un'emergenza così, con un morto per droga ogni 15 giorni nella nostra piccola regione, non è possibile rimanere con le mani in mano, chi ha il dovere di fare qualcosa la faccia, ognuno di noi faccia qualcosa, nel suo piccolo.  Rimanere indifferenti è la colpa più grave. 


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