domenica 2 luglio 2017

Far finta di niente non evita i ribaltoni

Il punto del direttore del 2 luglio 2017

L’Umbria, con i suoi municipi e le sue istituzioni, è contendibile, le rendite di posizione sono finite. Come tutte le regioni rosse dove il Pd si è portato a casa un ballottaggio su undici al turno supplementare di domenica scorsa. Che dire? Che la logica dell’alternanza è da salutare con favore, che fa bene alla democrazia, che è giusto che chi malgoverna torni a fare altro o semplicemente chi viene eletto si impegni per il bene comune. 
Tutte frasi condivisibili e corrette che trovano conferma nelle urne quando gli elettori scelgono un candidato anziché un altro. Certo a Todi la vittoria del centrodestra si è manifestata per un soffio sul centrosinistra ma questo è il bello (o il brutto a seconda delle posizioni) della democrazia, vince chi si impone anche solo per un voto e i ballottaggi sono tutt’altra partita rispetto al primo tempo. Perugia docet, ora anche Todi.
Detto questo, indubbiamente per il centrosinistra si tratta di una clamorosa sconfitta e non ci sono interpretazioni di sorta. E la classe dirigente di questa regione farebbe bene a interrogarsi, a riflettere seriamente sulle ragioni della debacle. Limitarsi a rilasciare dichiarazioni che si richiamano al trend nazionale, al quadro contraddittorio delle larghe intese a livello centrale e delle alleanze a sinistra in periferia, pare una giustificazione adottata per scaricare le proprie responsabilità.

Il buon segretario Giacomo Leonelli ci mette la faccia e la firma sotto quei documenti ma non basta perché di anno in anno, di elezione in elezione, il suo partito, il Pd, diventa sempre più di opposizione perché bocciato dagli elettori, perché le urne dicono di un’insoddisfazione massima verso questo centrosinistra. La lista dei comuni strappati al centrosinistra è sempre più lunga, possibile che quelli che frequentano il Nazareno umbro non se ne accorgono? Eppure è sufficiente fare due conti: Perugia, Spoleto, Bastia, Amelia, Deruta, Torgiano, Montefalco, Passignano, Bettona e ora Todi, città cara anche alla governatrice Catiuscia Marini. Ma anche lo stato di salute del Pd in altre realtà della regione, Terni per tutte, non è dei migliori per le note vicende giudiziarie e amministrative.
Insomma chi detta la linea (?) dovrebbe porsi il problema di invertire la tendenza, di rimettere al centro l’azione politica intesa come “lettura” e cura degli interessi della gente perché si sta dissipando un patrimonio di consensi e in alcuni casi di buongoverno. Continuare a far finta di niente, ad archiviare sconfitte del genere in un cassetto e chiudere il tutto con una doppia mandata, significa non assolvere al proprio dovere.
Ad approfittare, giustamente, di questa situazione il centrodestra che, nonostante in certe località si sia presentato diviso, è riuscito a raccogliere frutti non indifferenti, a dimostrazione di una sfiducia verso chi ha governato. E da Todi dove si è vissuto un deja vu di cinque anni prima ma a parti invertite è arrivato un altro messaggio, ancora più significativo, perché i tuderti hanno scelto Antonino Ruggiano, già conosciuto in quanto nel 2012 era sindaco uscente e venne battuto da Carlo Rossini che a sua volta ha dovuto riconsegnare la città dopo il primo mandato proprio a lui.
Ma c'è un altro dato che queste amministrative ci hanno trasferito e su cui si deve riflettere altrettanto seriamente, e cioè l'astensionismo, la gente che ha preferito fare altro anziché andare ai seggi. La disaffezione dovrebbe preoccupare tutti coloro che fanno politica, di destra, sinistra e centro, perché vuol dire soltanto una cosa, che la loro politica non è una buona politica.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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