lunedì 18 aprile 2016

Riforme non solo a parole

Editoriale Radio Onda Libera del 12 aprile 2016

Sulla strada delle riforme siamo arrivati a un passo importante, a un momento di svolta perché entro domani la Camera dei deputati procederà al voto definitivo. Il premier Renzi ieri ha parlato a un'aula semivuota perché le opposizioni hanno deciso di uscire. E l'immagine non è stata delle più esaltanti. Anche se la protesta delle opposizioni di ritirarsi, come si suol dire sull'Aventino, aveva una motivazione politica.Renzi non risparmia stoccate alla fuga delle opposizioni per evidenziare la bontà della riforme costituzionali, anzi ha detto che scappare e' indice di povertà di contenuti. Ma prima di entrare nella schermaglia politica va detto che domani, tranne colpi di scena, Montecitorio approverà la riforma, quindi le modifiche della Costituzione, e ricordiamo che solo un altro paio di volte, nel 2001 e nel 2006, furono introdotti dei cambiamenti a opera di un governo di centrosinistra e poi di uno di centrodestra.
Ora diciamo subito che quello che ha portato a casa Renzi non è un colpo di Stato, è più o meno quello che hanno fatto altri governi in precedenza, solo che questa volta è stato toccato un ramo del Parlamento, il Senato, e quindi un centro di potere politico non indifferente, mettendo fine una volta per tutte al bicameralismo, allo spreco di funzioni di una doppia Camera. E questo non è gradito alla maggior parte delle forze politiche, del resto se d'amblé scompaiono 315 poltrone da senatori la stessa classe politica che deve votare la propria fine non è contenta. Ma di sicuro la gente lo sarà, almeno secondo noi.
Per saperlo bisogna aspettare il referendum di ottobre. E si perché il nostro ordinamento prevede che una volta modificata la costituzione questa modifica deve essere sottoposta a referendum per l'approvazione definitiva ma a prescindere dal quorum. E questo aspetto è importante perché anche con una percentuale bassa di votanti si potrà decidere la approvazione o meno di una riforma costituzionale.
Renzi sull'appuntamento di ottobre ha sempre detto che se i cittadini voteranno "no" lui lascerà la politica. Su queste sfide il premier ci ha abituati - e diciamo pure che ci ha convinti - perché finalmente c'è uno che annuncia, e speriamo lo faccia se i fatti gli daranno torto, che se perde la partita va a casa. Insomma, come si suol dire Renzi ci mette la faccia. E i nostri politici a tanta coerenza non ci avevano abituati.
Detto ciò, nel merito della riforma possiamo dire come dicono in parecchi che doveva essere più radicale, cancellare il Senato e non trasformarlo in Camera di rappresentanza delle regioni, ma ci sentiamo anche di dire che finalmente qualcosa in questa direzione è stato fatto, come è stata cambiata la legge elettorale. Possono piacere o non piacere ma non dimentichiamoci l'impasse in cui si trovava il Paese appena cinque anni fa quando fu scoperto un Monti qualsiasi che doveva salvare l'Italia e cosi non è stato.
E ora dopo due anni e un mese, 173 sedute e qualche milione di emendamenti, la riforma vedrà la luce. E per la prima volta la politica riforma se stessa.

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