lunedì 25 aprile 2016

Cronache elettorali
tra crisi e verifiche

Il punto del direttore del 24 aprila 2016

Crisi, elezioni e referendum. Tre parole per sintetizzare le grandi questioni della politica di casa nostra e significano il presente, il futuro e il passato. Andiamo per ordine e partiamo dalla fine, dal referendum sulle trivelle di domenica scorsa, e in particolare dal dato sull’affluenza. Come è noto, i cittadini hanno disertato in massa le urne impedendo il raggiungimento del quorum con grande soddisfazione di chi propugnava l’astensionismo.
A livello nazionale ha votato il 32 per cento, con una schiacciante vittoria dei sì, in Umbria si è recato ai seggi il 28,4, quasi 4 punti percentuali in meno. Questo raffronto dovrebbe indurre a riflettere seriamente la classe politica di questa regione perché l’Umbria vantava una grande risposta positiva agli appuntamenti elettorali, tutti nessuno escluso, insieme alle altre regioni rosse come la Toscana e l’Emilia. Oggi dobbiamo prendere atto che non è più così, gli umbri si ritrovano più disaffezionati alla politica e addirittura hanno rinunciato a esercitare il diritto-dovere del voto perdendo quel primato di partecipazione dal basso che rappresentava un invidiabile orgoglio e precipitando in fondo alla classifica nazionale. Per la verità non si tratta di un colpo di scena, è al contrario una tendenza che si consuma da qualche anno e che si traduce nei fatti e quindi nei conteggi in un allontanamento dei cittadini da questo tipo di politica. Passiamo al futuro. E cioè alla scadenza amministrativa del prossimo 5 giugno quando undici comuni, tra cui Assisi e Città di Castello, saranno chiamati a rinnovare sindaci e assemblee municipali. In questi giorni è tutto un movimento di candidati e liste, passi avanti, diktat e tentativi di alleanze. Nella città del Poverello la situazione è sempre più incandescente con una pattuglia così folta di aspiranti sindaci ai nastri di partenza da far sfigurare una squadra di calcio a 8. Nella quarta città dell’Umbria il quadro è meno complicato, per ora sono quattro coloro che pretendono di indossare la fascia tricolore ma forse qualcun altro si accoderà anche per infoltire la truppa. Al di là dei protagonisti e dei soliti partiti in campo, lo stato dell’arte è a dir poco complesso e riassumerlo è un’impresa ardua. Ad Assisi troviamo un centrodestra spezzettato, un centrosinistra che prova ad affidarsi a un candidato esterno, un movimento civico o pseudo tale di un ex sindaco nostalgico che ha la smania di contarsi e poi tanta combriccola.
A Città di Castello invece il centrodestra ha trovato la quadra su un esponente civico, il centrosinistra si stringe attorno all’uscente e poi un altro sicuro civico ma anche un quarto esponente della cosiddetta società civile si sta scaldando sotto l’egida del bene comune. In entrambe le città quindi impazza la moda del civismo e questo meriterebbe un capitolo a parte, intanto c’è parecchia attesa per i candidati grillini, la vera incognita di questa consultazione elettorale, perché sono del tutto indecifrabili l’appeal e la forza alla voce consensi. 
E ora, dopo il passato e il futuro veniamo al presente, e cioè alla crisi che riguarda da più di due mesi i più alti palazzi della politica umbra. La giunta regionale è ancora monca per l’abbandono di Luca Barberini dall’assessorato perché in disaccordo sulle nomine dei vertici della sanità. Da qualche settimana regnava una tregua armata tra i mariniani e i bocciani, con un accordo immaginato ma non ancora attuato e con una scadenza, il 27 aprile, che si avvicina sempre più. Il giorno X dovrebbe segnare il ritorno di Barberini nell’esecutivo se la presidente Marini manterrà fede all’impegno di far ruotare i dirigenti, in particolare il capo della sanità. Ma la pace è finita anzitempo a causa di un’altra nomina, decisa l’altro ieri, relativa alla guida del Prosperius, l’istituto riabilitativo pubblico-privato di Umbertide, di un ex dirigente alla sanità di circa 80 anni.
Come per le precedenti nomine che hanno scatenato la guerra tra le due aree del Pd, Barberini chiedeva il cambiamento, un’inversione di rotta, la presidente Marini rivendicando la sua autonomia è andata avanti. E così si è consumata la rottura. Poi le prime parole e le prove di riavvicinamento e l’ala popolare ha mostrato buona volontà votando il bilancio in consiglio regionale e s’aspettava di riscuotere o meglio che la promessa fosse mantenuta. Invece nelle ultime ore con la bordata di Barberini la corda è
ridiventata tesa. Come se la quiete fosse terminata e ora la colonnina di mercurio indica di nuovo tempesta. Con il rischio che le due parti continueranno a farsi la guerra e qualcuno potrebbe farsi male seriamente. La posta in palio è consistente perché chi fa un passo indietro e si rimangia quanto deciso perde la faccia e in politica ciò significa indebolirsi di fronte ai propri seguaci. Così il Pd si ritrova ancora più lacerato e la politica non timbra il cartellino. In mezzo a questo, anzi sopra a questo, c’è la verifica annunciata, quella del segretario regionale del Pd Giacomo Leonelli che vuole sapere se ha ancora la fiducia dei suoi “azionisti”. Fino a ieri era fissata dopo la Leopoldina degli inizi di maggio, ma, al di là di quando ci sarà, la sensazione è che la risposta già si conosce, almeno per quanto riguarda una delle squadre in gioco.

anna.mossuto@gruppocorriere.itwww.annamossuto.it

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