giovedì 11 dicembre 2014

La 'ndrangheta sotto casa

Editoriale Radio Onda Libera dell'11 dicembre 2014

La 'ndrangheta abitava a Perugia, in Umbria. Aveva deciso di fare i suoi affari nella nostra regione, una volta considerata dal punto di vista della sicurezza un'isola felice. Da ieri si sa che i carabinieri dei Ros hanno portato a termine un'imponente operazione contro la criminalità organizzata calabrese che aveva allargato i suoi tentacoli in Umbria e in alcune città del centro Italia. Con un bilancio veramente lusinghiero, 61 arresti e 30 milioni di beni sequestrati.
Insomma da ieri sappiamo che a Perugia la 'ndrangheta aveva allestito  la sua sede operativa, e precisamente a Ponte San Giovanni, con una serie di basi logistiche in un bar, un ristorante, un paio di capannoni industriali, un pub. In questi posti avveniva di tutto, infatti le accuse sono pesanti, pesantissime, dall'associazione per delinquere alla bancarotta, alla truffa, all'estorsione, al traffico di stupefacenti, all'usura, tanto per citare quelle più eclatanti. Perché le modalità operative della banda criminale erano quelle tipiche di cui si serve la 'ndrangheta per controllare i territori e le sue prede, dalle minacce agli avvertimenti mafiosi, agli incendi dolosi, all'obbligo del pizzo.
E il tutto avveniva qui da noi, a casa nostra. La retata dei carabinieri chiamata "Quarto passo" ha sgominato una presunta "filiale" del clan di Cirò, paese di origine delle persone finite in manette.
Fin qui i dettagli della notizia. Ma andiamo oltre. Secondo gli investigatori si tratta di un'associazione autonoma, radicata, che manteneva sì i contatti con la casa madre, ma che aveva sviluppato anche un certo grado di indipendenza. "L'inchiesta - si legge nella corposa ordinanza di custodia cautelare  -  ha documentato le modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento delle attività imprenditoriali, in particolare nel settore delle costruzioni, con incendi e intimidazioni con finalità estorsive". Gli esponenti del sodalizio criminale offrivano protezione, altrimenti incendi, danneggiamenti, ma anche teste mozzate di agnello e benzina lasciati davanti agli uffici della ditta o minacce a non aprire un negozio perché altrimenti il giorno dopo avrebbe chiuso.
Insomma l'Umbria, in particolare Perugia, da tempo non più sicura per la piccola delinquenza, quella comune, quella dello spaccio di droga e dei furti, ora è diventata appannaggio della grande criminalità, quella che viene da fuori e inserisce nel tessuto i metodi mafiosi, quella che non si fa scrupoli di punire chi non obbedisce, quella che fa affari con le nuove economie. Altro che isola felice, l'Umbria è come tutte le altre regioni di Italia, la guardia non andrebbe abbassata mai e mai gli umbri, tra istituzioni e cittadini, dovrebbero crogiolarsi o vivere aggrappati ai ricordi del tempo che fu.
L'Umbria non è più un'isola felice, bisogna prenderne atto e agire di conseguenza. Non c'è altra soluzione.

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