Il punto del direttore del 6 maggio 2012
Oggi e
domani gli elettori di 9 comuni dell’Umbria sono chiamati a rinnovare sindaci e
consigli comunali, 6
nella provincia di Perugia, 3 nel Ternano. Due
i municipi, Todi e Narni, con oltre 15mila abitanti, per i quali è previsto l’eventuale
turno di ballottaggio. Sono in tutto 442
i candidati tra aspiranti alla fascia tricolore e aspiranti consiglieri
comunali. Cinque le donne che sognano di sedere sulla poltrona di sindaco delle
loro comunità e 129 quelle che corrono per un seggio nell’assemblea cittadina.
Ora, al di
là delle curiosità e senza sminuire l’importanza dei centri più piccoli, la
sfida clou però si tiene nelle due città più grandi. Per il significato
politico innanzi tutto, Todi è governato dal centrodestra, Narni dal centrosinistra.
Poi per gli effetti dei tagli operati sul numero dei consiglieri e degli
assessori. E infine per verificare le eventuali ripercussioni dell’antipolitica
ai seggi.
Qui non è in
discussione il ruolo dei partiti o della politica, come se fossero arnesi del
passato e quindi archiviare, perché in un sistema democratico non si può
pensare di farne a meno. L’importanza di
una buona politica è peraltro un’esigenza sentita profondamente da tutti. Qui è
in discussione la degenerazione del modo di fare politica, il tipo di partiti e
di politici che affollano i palazzi del potere. E’ in discussione la logica del
tirare a campare perché tutto rimanga immutato, una spesa pubblica gonfiata a
dismisura e la non volontà di individuare e operare la riduzione del dispendio
dei soldi pubblici tra finanziamenti, rimborsi, vitalizi, gettoni e indennità.
All’obiezione che la politica deve avere un costo per funzionare e per non
essere riserva dei ricchi la risposta è che nessuno chiede di rimetterci (non certo
di arricchirsi) ma almeno di fare il proprio dovere, di garantire una
produttività e una qualità.
Comunque, a
parte queste considerazioni sui massimi sistemi, la raccomandazione da fare
oggi è di non lasciarsi travolgere dalla sfiducia nei confronti dei partiti e
di chi gestisce la cosa pubblica.
Il voto è un
diritto-dovere che va esercitato a tutti i costi perché rappresenta uno
strumento di democrazia diretta. Snobbare le urne significa mettersi al di
fuori dei meccanismi che possono permettere un cambiamento o la conferma di
un’amministrazione. I cittadini infatti hanno a disposizione il grande potere
di mandare a casa chi ha operato male e di premiare chi ha una proposta di
governo convincente.
Un’altra
tesi da sfatare è quella secondo cui il voto amministrativo non è un test
politicamente interessante essendo circoscritto, limitato a pochi comuni.
Invece ogni tornata elettorale ha una valenza politica, anche quella di una
circoscrizione, perché comunque si tratta dell’espressione di scelta diretta
della gente.
Quindi oggi
più che mai tale diritto va esercitato, non farlo significa rinunciare a una
speranza, significa rinunciare a essere cittadini.
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