mercoledì 30 maggio 2012

Il potere del voto contro l'antipolitica


Il punto del direttore del 6 maggio 2012

Oggi e domani gli elettori di 9 comuni dell’Umbria sono chiamati a rinnovare sindaci e consigli comunali, 6
 nella provincia di Perugia, 3 nel Ternano. Due i municipi, Todi e Narni, con oltre 15mila abitanti, per i quali è previsto l’eventuale turno di ballottaggio.  Sono in tutto 442 i candidati tra aspiranti alla fascia tricolore e aspiranti consiglieri comunali. Cinque le donne che sognano di sedere sulla poltrona di sindaco delle loro comunità e 129 quelle che corrono per un seggio nell’assemblea cittadina.
Ora, al di là delle curiosità e senza sminuire l’importanza dei centri più piccoli, la sfida clou però si tiene nelle due città più grandi. Per il significato politico innanzi tutto, Todi è governato dal centrodestra, Narni dal centrosinistra. Poi per gli effetti dei tagli operati sul numero dei consiglieri e degli assessori. E infine per verificare le eventuali ripercussioni dell’antipolitica ai seggi.
In merito a quest’ultimo punto, va detto che il voto amministrativo di solito è più partecipato e più sentito perché si sceglie da chi farsi governare a casa propria, perché il rapporto diretto personale incide di più rispetto all’appartenenza ai partiti e alle ideologie. Anche se di questi tempi, con la credibilità in chi fa politica ridotta ai minimi storici, con la crisi che morde sempre di più e ferocemente, è veramente forte il rischio di disertare le urne con le motivazioni che tanto non cambia nulla, che tanto sono tutti uguali, che tanto pensano solo ai loro interessi. Atteggiamento comprensibile questo in un periodo in cui le tasse abbondano e i tagli agli sprechi latitano. E la politica non riesce, o forse non vuole, riformare se stessa.
Qui non è in discussione il ruolo dei partiti o della politica, come se fossero arnesi del passato e quindi archiviare, perché in un sistema democratico non si può pensare di farne a meno.  L’importanza di una buona politica è peraltro un’esigenza sentita profondamente da tutti. Qui è in discussione la degenerazione del modo di fare politica, il tipo di partiti e di politici che affollano i palazzi del potere. E’ in discussione la logica del tirare a campare perché tutto rimanga immutato, una spesa pubblica gonfiata a dismisura e la non volontà di individuare e operare la riduzione del dispendio dei soldi pubblici tra finanziamenti, rimborsi, vitalizi, gettoni e indennità. All’obiezione che la politica deve avere un costo per funzionare e per non essere riserva dei ricchi la risposta è che nessuno chiede di rimetterci (non certo di arricchirsi) ma almeno di fare il proprio dovere, di garantire una produttività e una qualità.
Comunque, a parte queste considerazioni sui massimi sistemi, la raccomandazione da fare oggi è di non lasciarsi travolgere dalla sfiducia nei confronti dei partiti e di chi gestisce la cosa pubblica.
Il voto è un diritto-dovere che va esercitato a tutti i costi perché rappresenta uno strumento di democrazia diretta. Snobbare le urne significa mettersi al di fuori dei meccanismi che possono permettere un cambiamento o la conferma di un’amministrazione. I cittadini infatti hanno a disposizione il grande potere di mandare a casa chi ha operato male e di premiare chi ha una proposta di governo convincente.  
Un’altra tesi da sfatare è quella secondo cui il voto amministrativo non è un test politicamente interessante essendo circoscritto, limitato a pochi comuni. Invece ogni tornata elettorale ha una valenza politica, anche quella di una circoscrizione, perché comunque si tratta dell’espressione di scelta diretta della gente.
Quindi oggi più che mai tale diritto va esercitato, non farlo significa rinunciare a una speranza, significa rinunciare a essere cittadini. 

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