Il punto del direttore del 13 maggio 2012
Voto e
riforme, questi i due argomenti di attualità politica. Il primo è un commento
ai risultati amministrativi, il secondo è lo scenario che si sta delineando
soprattutto in merito alla sanità.
Andando per
ordine, la partita delle elezioni comunali si è chiusa con 6 municipi al
centrosinistra e 2 al centrodestra. Un solo comune, Todi, necessita dei tempi
supplementari con il ballottaggio tra una settimana. Cinque anni fa il
punteggio, utilizzando sempre il gergo calcistico, si era fermato 5 a 4 per il
centrosinistra. Ergo, nella nostra regione si consolida la maggioranza a danno
dell’opposizione. E’ vero poi che l’Umbria non sta in Africa e quindi risente
del clima generale di antipolitica, di conseguenza il calo dei votanti è stato
pesante rispetto alle scorse consultazioni, il 7 per cento, anche se
l’affluenza da noi è stata di gran lunga superiore a quella nazionale.
Tonando ai
fatti di casa nostra, qui grillini non se ne sono visti in maniera organizzata
e ufficiale forse perché siamo una terra di frontiera rispetto al nord o forse
perché i mutamenti politici si verificano con un certo ritardo. Di certo il
centrosinistra è più che solido, con l’Italia dei valori che gioisce per
l’affermazione di due sindaci e il Pd che si conferma partito di maggioranza
dentro la coalizione, mentre il centrodestra rispetto alla debacle nazionale ha
ceduto subito solo Bettona. Ovviamente per il risultato finale bisognerà
attendere l’esito del secondo turno nella città di Jacopone e lì la partita è
aperta perché come insegnano gli osservatori della politica il ballottaggio non
è un capitolo della prima tranche ma è tutto un altro libro.
Quindi
l’astensionismo è il vincitore assoluto e trasversale di queste elezioni. Sarebbe
opportuno riflettere su tale fenomeno e soprattutto interrogarsi sulle ragioni
che inducono i cittadini a disertare le urne.
A proposito
delle riforme, la scena in questi giorni è occupata prevalentemente dal
riordino del sistema sanitario tra tagli e accorpamenti. L’orientamento emerso
finora è la riduzione delle Asl da quattro a due, e la conferma di due Aziende
ospedaliere, con sede nei capoluoghi. Ovviamente tale proposta sta scatenando
mal di pancia a iosa in merito soprattutto alle sedi delle Asl. Una discussione
per la verità di lana caprina dal momento che una riforma seria dovrebbe
concentrarsi sull’eliminazione dei doppioni, sui risparmi dei servizi e sulle
eccellenze per evitare l’aumento dei numeri della mobilità passiva. A nostro avviso, una tesi coraggiosa sarebbe
in una situazione delicata come quella attuale di accorpare il più
possibile, un’Azienda ospedaliera e una
Asl per un territorio piccolo come la nostra regione sarebbero più che sufficienti. Del resto è un periodo in cui la “macchina”
andrebbe alleggerita il più possibile, inutile ad esempio togliere 5 comunità
montane e istituire 12 unioni di comuni a cui assegnare per ora le funzioni
degli enti soppressi. Certo, se poi le
Unioni verranno ad assorbire ulteriori deleghe, ad esempio di altri organismi
destinati a sparire, allora forse cominceranno ad acquisire una sembianza
seria.
Semplificare
il quadro garantendo ovviamente i servizi dovrebbe essere il filo conduttore di
ogni operazione seria di riforma. Altrimenti diventa un maquillage o peggio
ancora il gioco delle tre carte.
In
conclusione a onor di cronaca va registrato il reintegro dell’opposizione negli
organismi del consiglio regionale. Dopo
circa tre mesi, i rappresentanti del centrodestra hanno deciso di scendere
dall’Aventino e di tornare a far parte dell’ufficio di presidenza e delle
commissioni consiliari. Cosa è cambiato nel frattempo, cosa ha fatto innestare
la retromarcia non è del tutto chiaro. Ma del resto la politica è anche questo,
rimangiarsi quello che era stato deciso e far finta di niente.
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