domenica 27 settembre 2015

Logiche di correnti e doppi incarichi

Il punto del direttore del 27 settembre 2015

La politica, o meglio il Pd, deve ripartire dai territori. Lo ha detto e assicurato il segretario del partito Giacomo Leonelli su queste colonne. Una frase che racchiude una strategia, una linea, ma da queste parti sembra uno slogan, un ritornello a effetto. Facile a pronunciare e scrivere, difficile a mantenere e osservare. Soprattutto quando è la stessa classe dirigente che guida il Pd a fregarsene dei territori provocando ferite difficili poi da curare e cicatrici altrettanto difficili da rimarginare. Un esempio per tutti? Spoleto. Dove alle scorse elezioni regionali nessun esponente di quel territorio ha trovato spazio in lista e tantomeno poi in giunta. Però i territori sono importanti, vanno ascoltati e rappresentati. A parole. E ora chi guida il partito promette attenzione. Come credergli?
Eppure i territori sono importanti oggi più di ieri per le riunioni, per i convegni, per i pezzi di partito che provano a riorganizzarsi. In questi giorni la sinistra del Pd ha organizzato gli stati generali a Casa del Diavolo con una serie di personaggi nazionali che discutono insieme ai consiglieri Solinas e Chiacchieroni del futuro del partito. Una sorta di conclave per riaffermare il diritto a essere minoranza.
Ma c’è anche un altro pezzo di partito che ha pensato bene di attrezzarsi, di serrare le fila, ed è quello che fa capo ai “giovani turchi” che da quando comanda Renzi pare in sonno.
L’occasione è la visita del presidente del Pd Matteo Orfini che conta sulla presidente della Regione Catiuscia Marini e sui parlamentari Giulietti e Cardinali. Agli incontri a Perugia e Montone, ecco che tornano i territori, è stato invitato, forse per cortesia istituzionale, anche il segretario regionale.
Con Orfini si parlerà ufficialmente di riforme e del processo di cambiamento del governo. Ufficiosamente è un ritrovarsi, rinsaldare una corrente. Anche se poi questo discorso lascia il tempo che trova dal momento che Roma docet, e cioè che all’occorrenza e all’apparenza sono tutti renziani. Qui come altrove. Ma lo spezzettamento del partito umbro, o se volete, le divisioni che imperano è anche la causa dell’impasse che impedisce la nomina del capogruppo a Palazzo Cesaroni. Perché poi la verità è che i “bocciani” contano e contano parecchio, quindi un equilibrio sarà arduo da raggiungere. Con il risultato che il buon Leonelli sarà capogruppo autunnale e anche invernale (quello balneare l’ha già fatto).
Il problema vero che si registra, e non solo dalle parti del centrosinistra, si chiama leadership o più correttamente linea politica. E quindi fioriscono, anche se non è la stagione, iniziative, stati generali, convegni, dibattiti, tavole rotonde. Tutto per cercare di capire dove andare e con chi. Il cosa fare per questa regione pare invece secondario.
Nel centrodestra si sta ancora peggio, la coalizione non perde occasione per mettere in discussione il ruolo di Claudio Ricci come portavoce a distanza di neanche quattro mesi dalle elezioni e di manco due manciate di sedute di consiglio regionale. Ma qui la situazione è più complessa, fare squadra non è mai stata una virtù di chi milita in quei partiti che compongono lo schieramento sempre più caratterizzato da personalismi.
In conclusione da segnalare il caso Biancarelli. Il consigliere regionale di Umbria più uguale balzato subito alle cronache umbre perché confessò su Facebook di sentirsi imbarazzato per aver percepito l’indennità del mese di giugno senza aver fatto nulla. Non sappiamo se ha provato imbarazzo anche nei mesi successivi quando il consiglio regionale non è che abbia poi lavorato così tanto e non sappiamo se prova imbarazzo a restare incollato all’altra poltrona, quella di presidente del consiglio comunale di Gubbio. I più informati sostengono che non si dimette dall’incarico, e quindi anche da consigliere comunale, perché i partiti nella Città dei ceri non trovano la quadra. Ma oltre all’interesse dei partiti non esiste anche un interesse generale? Non esiste anche il buon senso che inviterebbe a non occupare più posti? Non esiste in certe situazioni anche l’opportunità che obbligherebbe a fare una scelta e non stare con due piedi in una scarpa?
È una questione di tempo, Biancarelli vuole lasciare, lo sappiamo, ma non lo fa per i soliti giochetti che si azionano ogni qualvolta si tratta di posti e incarichi. Ma per una volta prevalga la coerenza anziché altre logiche!

anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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