martedì 22 settembre 2015

Congiure già viste e le solite divisioni

Il punto del direttore del 20 settembre 2015

Lentamente la politica ufficiale si sta rimettendo in movimento, si organizzano convegni e dibattiti, l'estate è ormai alle spalle e da domani siamo in autunno. Quindi, sotto con le strategie perché non bisogna farsi trovare impreparati. In primavera c'è un altro turno elettorale sicuro e riguarda comuni più o meno grandi, Assisi e Città di Castello tanto per citarne qualcuno. C'è anche la possibilità, non si sa ancora quanto remota, di elezioni politiche ma questo è un altro capitolo perché gli scenari dipendono esclusivamente da Roma.
Restando a livello locale, è già partito il giro delle indiscrezioni, degli abboccamenti, dei tentativi di alleanze e delle manovre di blindature. Intanto i partiti, tutti, nessuno escluso, vivono profonde lacerazioni. Il più sano ha la rogna si direbbe prendendo in prestito un vecchio proverbio. Partiamo dalla maggioranza, e cioè dal centrosinistra, e in particolare dal Pd che è il partito azionista. La vicenda della segreteria comunale di Terni ha fatto emergere con forza le contraddizioni di una classe dirigente che della compattezza ne ha fatto l'ultimo pensiero. Per non parlare della solita manfrina, con piddini ternani che non si sentono rappresentati dai colleghi perugini ma questa è una rivalità antica e purtroppo non solo politica. Un altro dossier incredibile sullo stato di salute del Pd riguarda Spoleto dove oltre alle divisioni c'è un disorientamento totale con assemblee senza gente e una segreteria che non trova uno straccio di guida. Dalla città dell'acciaio alla città del festival, le condizioni sono da malato grave. Ma la verità vera è che i giochi sono più ampi e sicuramente più complicati, riguardano il partito regionale e si possono schematizzare secondo il noto meccanismo di pezzi del partito contro altri pezzi dello stesso partito. E quindi via con ex Margherita contro ex Ds, via con renziani della prima ora contro renziani dell'ultimo momento, via con chi non vuole morire renziano e crede ancora nella sinistra, via infine con chi la campagna acquisti l'ha cominciata e chi cerca di resistere alle sirene di promesse concrete. Insomma i tradimenti o i voltagabbanismi sono dietro l'angolo, ma se dovessero consumarsi sarebbe sì scandaloso ma in fin dei conti soltanto la replica di film già visti in passato.
Sulla sponda opposta ecco il movimentismo sfrenato di chi si interroga su dove andare e con chi andare o restare fermi. Il centrodestra si sa è in profonda crisi di identità e di leadership a livello nazionale come a livello regionale. Troppi galli a cantare, e il risultato è che ognuno va per la sua strada forte del posto raggiunto e del mono gruppo costituito in qualche consesso. Il sindaco di Perugia Andrea Romizi sarebbe potuto essere il nuovo che avanza anche oltre i confini regionali, davanti a sé aveva (e ha ancora) un'autostrada ma preferisce lavorare e non mischiarsi più di tanto. Oltre che ad amministrare la città di Perugia, deve però anche guardarsi le spalle da ipotesi di congiure che potrebbero arrivare dai suoi, non certo dagli avversari. Del resto il centrodestra è esperto nel farsi del male, basta ricordare come terminò l'esperienza della sindacatura, la seconda, del professor Gianfranco Ciaurro nel lontano 1998. E come per destino siamo tornati in quel di Terni. La vera novità di questo schieramento è la Lega Nord che qui da noi si chiamerà Lega Umbria. Il leader Matteo Salvini ha annunciato che arriverà il 10 ottobre per la prima festa regionale, d'altronde qui alle scorse elezioni gli è andata di lusso perché il suo partito si è conquistato la medaglia d'oro della consultazione. In tanti aspirano a salire sul carro del vincitore ma non è facile, poi i posti sono sempre di meno. Una nota in controtendenza c'è per la verità, a proposito del movimento politico, e riguarda il centro dove tutto resta fermo, impaludato. E il riferimento è a un'area cattolica che non riesce a occupare lo spazio che pure ci sarebbe. Questo nonostante le parole di Papa Francesco che anche recentemente ha sottolineato come "un cattolico deve fare politica" nell'interesse del bene comune, stigmatizzando il disimpegno e il disinteresse. Ma i cattolici preferiscono riflettere e il tempo passa, anziché agire, anziché abbracciare la politica e intenderla come vocazione.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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