domenica 1 febbraio 2015

Renzi fa scacco matto
e resuscita la Balena

Il punto del direttore dell'1 febbraio 2015

All’ora di pranzo il presidente è servito. Sul Colle sale Sergio Mattarella, il dodicesimo capo dello Stato. La sua elezione, rapida e quasi puntuale al primo scrutinio con la maggioranza assoluta, offre diversi spunti di lettura, retroscena e interpretazioni. Dal metodo, questa volta chiaro e trasparente, alle deflagrazioni dentro alcuni partiti, come Forza Italia e Nuovo centro destra.
La partita del Quirinale ha un vincitore e si chiama Matteo Renzi. Che è stato contemporaneamente abile, quasi spregiudicato, coraggioso e se vogliamo pure un po' cinico.

Tutte qualità che, visto il risultato, gli danno ragione a pieno. E allora chapeau al premier che nonostante la giovane età, quarant'anni compiuti da poco, ha dimostrato di avere intelligenza e fiuto politico da vendere.
Eh sì, perché Renzi in una mossa sola e sul nome di Mattarella ha ricompattato il suo partito, il Pd, e ha frantumato il patto del Nazareno, l'accordo con il Cavaliere siglato un anno fa da segretario. Detto in altre parole Renzi ha usato Berlusconi per addomesticare la minoranza Pd e ha usato la minoranza Pd per addomesticare Berlusconi. Meglio di così non poteva riuscirgli, lo riconoscono anche i suoi avversari, anche coloro che non lo amano si sono dovuti inchinare di fronte a tanto. Ora il pallino della politica è nelle sue mani, si è comportato come un perfetto playmaker. I suoi supporter in Parlamento esultavano con gioia, tra battimani e foto per immortalare l'evento. E se sui banchi del Pd se la godevano alla grande, dall'altra parte, Forza Italia, i volti erano scuri, gli applausi latitavano e se i pensieri si fossero potuti trasformare in parole sarebbero stati insulti e maledizioni. Adesso il quadro della politica è limpido. E onestamente il messaggio arrivato dal Parlamento è un buon segnale per una serie di motivi, a cominciare dal criterio di scelta del candidato, dalla strategia che ha messo fuori gioco i franchi tiratori e dalla mancanza di margini e alibi per manovre e giochetti. Insomma da ieri le elezioni politiche potrebbero essersi allontanate verso la scadenza naturale della legislatura, cioè il 2018. Ma il condizionale è d'obbligo. Anche perché Renzi potrebbe avere tutto l'interesse ad andare alle urne prima che il consenso scenda troppo e ripartire daccapo con un Parlamento di suo gradimento in una prospettiva di legislatura completa. Del resto vale sempre la massima che in politica non bisogna mai dire mai.
Torniamo alle ripercussioni e agli strascichi di questo voto. Sono feroci innanzi tutto dentro Forza Italia. Perché diciamolo chiaramente lo sconfitto ha il nome di Silvio Berlusconi. Che si è fidato di Renzi a costo di perdere qualche buona componente, che lo ha difeso contro i suoi anche quando il prezzo diventava sempre più alto, che non si è accorto che lui al momento giusto gli ha smontato il patto del Nazareno come se fosse una costruzione della Lego e ne ha rimontato un altro a suo uso e piacimento. Insomma Berlusconi è stato gabbato come Enrico Letta quasi un anno fa quando Renzi gli disse di stare sereno perché lui non ci pensava proprio a Palazzo Chigi. La storia la conosciamo. L'ex sindaco fiorentino non solo ci pensava ma lo ha addirittura sloggiato in quattro e quattr'otto. Se si era comportato così con il suo collega di partito perché avrebbe dovuto avere scrupoli nei confronti di Berlusconi? Del resto Renzi ha soltanto fregato Berlusconi due volte, prima facendogli votare al Senato l'Italicum e poi rifilandogli Mattarella al Quirinale.
Un colpo da maestro, non c'è che dire. Ora volano gli stracci e inizia la resa dei conti tra gli azzurri alla ricerca del colpevole più colpevole di tutti. Ma anche dentro il Ncd le acque sono agitate grazie a un gigante dell'incoerenza come Angelino Alfano che prima si accoda a Berlusconi per non accettare il diktat di Renzi su Mattarella e poi si piega quando il presidente del consiglio gli dice o così o pomì che tradotto vuol dire o voti chi dico io o esci dal governo. Alfano nella notte ritrova il quid (dell'opportunismo) e si inchina al volere del premier pur di non perdere la poltrona sua e dei suoi ministri (la cui presenza nell'esecutivo è un po' sovradimensionata, a detta di tutti). Ma dentro il suo partito c'è chi ha la schiena dritta, come l'ex ministro Sacconi, e lo manda a quel paese.
L'analisi del voto dice che il consenso plebiscitario avrebbe potuto consigliare chi l'ha proposto a farlo votare fin dal primo scrutinio, quando il quorum era di 673 voti, considerato che alla quarta votazione è stato eletto con 665 voti, ben oltre i 505 previsti dal nuovo quorum e appena 8 in meno dell' altra maggioranza. Insomma i grandi elettori stavolta non hanno fatto scherzi come successe due anni con l'impallinamento di Marini e Prodi e poi il candidato Mattarella rispondeva al profilo di un politico di rispetto, democristiano di razza, con un curriculum corposo tra incarichi di governo come ministro e un quarto di secolo nelle aule come parlamentare. A esultare più di tutti sono stati gli ex democristiani sia piddini che di altri partiti perché come ha detto qualcuno la Balena Bianca intesa come la Democrazia Cristiana sta resuscitando come Lazzaro. Della serie moriremo democristiani oppure "rieccoli" trasformando al plurale la locuzione dedicata a un altro grande vecchio dc come Amintore Fanfani.
In conclusione, forse da oggi siamo entrati nella Terza Repubblica, saranno i fatti a confermarcelo o smentircelo, ma di sicuro la politica si è affidata a un uomo della Pima Repubblica.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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