lunedì 9 febbraio 2015

Fanno paura i numeri della crisi

Editoriale Radio Onda Libera del 5 febbraio 2015

La crisi sta producendo sempre più ripercussioni negative, le condizioni peggiorano, ma a leggere i numeri che lo testimoniano fa sempre un certo effetto. Perché i poveri sono raddoppiati, la gente che ha difficoltà rinuncia nell'ordine a spese mediche, trasporti e vestiti. E' quanto emerge dal rapporto "L'Umbria nella lunga crisi" realizzato dall'Agenzia Umbria Ricerche.
I dati presentati, diciamolo subito, non sono recentissimi, sono fermi al 2012 e indicano delle tendenze che secondo gli esperti si sono acuite, ovviamente in peggio, negli anni successivi. E indicano soprattutto un divario sempre più netto nonostante qualcuno intraveda accenni di ripresa nel corso di quest'anno. Ma le ferite della crisi sono profonde, fanno ancora male sulla pelle dei cittadini, eccome fanno male. Due cifre solo per renderci conto del quadro in cui vivono molte famiglie che sono costrette a ridurre il budget, nell'ordine, per abbigliamento, mobili, trasporti e purtroppo anche salute. Crescono invece le spese per il cibo e il mantenimento della casa, soprattutto alla voce bollette.
Inutile poi parlare di altri numeri, come Pil e tasso di disoccupazione, due indicatori che fotografo in modo impietoso la realtà in cui vive questa piccola regione.
Il dato più amaro degli anni della crisi, però, è la crescita della disuguaglianza. Non tutti, cioè, hanno pagato con un ripiegamento all’indietro della propria condizione. C'è stato un solco che ha accentuato la linea tra chi sta male e chi sta peggio. Basti pensare che nel 2010, anno che aveva fatto sperare nella fine della crisi, il tasso di povertà relativa delle famiglie era al di sotto del 5% (a fronte dell’11% italiano) e in termini di popolazione pari al 7,7%, quasi la metà del dato italiano. Solo due anni dopo, quel 5% balza all’11% e il 7,7% a quasi il 15%. E per il 2013 il 23,3% degli umbri è a rischio povertà o esclusione sociale. non osiamo pensare a quanto sia salito nell'anno successivo.
Questa la situazione. Ora la Regione pensa e dice che "vanno ricreate le condizioni socio-economiche per la crescita, lo sviluppo, il lavoro". Bene, diciamo noi, ma chi deve ricrearle queste condizioni? La politica non deve fare la sua parte insieme a tutta la classe dirigente? Secondo noi sta diventando un alibi quello che per uscire dalla crisi bisogna affidarsi ai fondi europei. Anzi, forse sicuramente rischia di diventare il solito ragionamento assistenzialista, come una volta c'era il miraggio del posto pubblico, invece di rimboccarsi le maniche e inventarsi qualcosa di buono per non diventare più poveri. In tutti i sensi.


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