domenica 22 febbraio 2015

Ai politici il 17 non fa paura

Il punto del direttore del 22 febbraio 2015

Il 17 può anche portare bene. Al Pd ha portato sicuramente bene perché ha approvato la nuova legge elettorale e in un colpo solo ha ritrovato la compattezza e ha schiaffeggiato l'opposizione. Ma non solo. Ha anche messo in un angolo le frange di una sinistra orfana di leader e di linea. Insomma il Pd ha fatto strike. E l'opposizione si è prima divisa e poi in cambio di una briciola (seggio al miglior candidato presidente perdente) ha regalato tre voti alla maggioranza.
Un capolavoro di strategia politica da incorniciare, anche se sicuramente l'uomo della strada non ne coglie la profondità e la sottigliezza. Ma proviamo a ragionare sul perché e sul percome sia successo. Cosa ha spinto una parte dell'opposizione a votare in aula a favore della legge elettorale voluta e decisa dal Pd e per la verità anche dai socialisti? Eppure è la stessa legge che durante i lavori della commissione ha indotto l'opposizione in blocco a disertare i lavori e ad arroccarsi sull'Aventino. Veramente solo in cambio di quell'emendamento approvato, già denominato premio di minoranza, tre esponenti di Forza Italia, FdI e Ncd, hanno regalato tre voti agli avversari?
Onestamente ci pare una pessima trovata che può essere definita soltanto come una figuraccia. È vero che le regole si scrivono insieme e quindi bene ha fatto il Pd a chiedere qualche voterello per non dare l'immagine di partito autocratico e presuntuoso. Ed è stato accontentato alla grande, uno per ogni gruppo. Quindi chapeau.
La nuova legge elettorale è un abito su misura, cucito e confezionato per le esigenze e gli interessi di una forza politica e di cui ne beneficeranno anche i cugini socialisti e forse qualche lista di sinistra se ci sarà. Poi vedremo in dettaglio le novità. Quello che sfugge è il comportamento dell'opposizione che in questa vicenda può vantare un solo plauso, quello cioè di aver rispettato l'accordo, di aver mantenuto la parola data. Su questo tanto di cappello. Ma il prezzo pagato pare smisurato, sproporzionato. Un'astensione forse poteva bastare, essere più che sufficiente, tanto per salvare capra, cavoli e anche la faccia. Invece no, c'è chi è più realista del re e l'inciucio in versione umbra è servito. Non si può chiamare soccorso azzurro perché il voto dell'opposizione non è mai stato determinante. E neppure è calzante il paragone con il patto del Nazareno in chiave perugina perché l'intesa non era soltanto tra Pd e Forza Italia.
Detto ciò, se proprio accordo ci doveva essere e quindi compromesso sulle posizioni l'opposizione avrebbe potuto alzare il tiro e quindi la posta. Qualche richiesta in più poteva avanzarla, così tanto per rendere il sacrificio più sopportabile. Invece no. La linea è stata quella di un patto a perdere. E le facce scure per i corridoi di palazzo Cesaroni la dicevano lunga anche sulle divisioni, evidenti e palesi, di un'opposizione che non ritrova il bandolo della matassa e, purtroppo, manco lo cerca.
Comunque punto e a capo. La nuova legge c'è e a maggio si andrà a votare con le nuove norme. Che prevedono quattro-cinque novità importanti. La prima, l'abolizione del listino. Quella specie di porcellum in salsa umbra che prevedeva di far diventare consiglieri un manipolo di nominati senza passare al vaglio del consenso. La seconda, il collegio unico elettorale. Finalmente i nostri legislatori si sono resi conto che il consigliere regionale è colui che rappresenta i problemi e le istanze della regione e non è il sindaco di un pezzo di territorio, considerando anche le modeste dimensioni dell'Umbria. La terza, il turno secco. E su questo punto la trattativa è stata faticosa ma il Pd non ha sentito ragioni, memore di quanto accaduto al Comune di Perugia. Poi le soglie di sbarramento, 2,5 per cento per le liste collegate, 8 per chi va da solo. Quattro, la ripartizione dei seggi ne prevede 12 per la maggioranza (10 Pd e 2 partiti collegati), 8 per la minoranza (che poi sarebbero 7 tra i partiti, perché il candidato miglior perdente entra di diritto). Cinque, la preferenza di genere che favorisce l'inclusione in lista delle donne. Una sorta di corsia preferenziale che pare più una moda che una cosa seria. Perché chi fa la lista potrebbe inserire tutte donne seguendo il criterio del merito e delle capacità non per imposizione legislativa, ma per fortuna l'inserimento in lista non significa elezione sicura. Perché meglio tanti uomini competenti che tante donne solo perché donne. Ma il punto cruciale della legge che attira critiche e forse anche qualche ricorso è il premio di maggioranza, non aver voluto cioè prevedere una soglia oltrepassata la quale si ottengono più o meno seggi. In pratica vince e s'aggiudica tutto chi ha un voto più di tutti. Per completezza di informazione i numeri della legge elettorale sono stati 19 a favore e 11 contrari. Ma il 17, giorno dell'approvazione, è quello che conta di più.
annamossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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