martedì 10 febbraio 2015

Allarme rosso per il Pil dell'Umbria

Editoriale Radio Onda Libera del 10 febbraio 2015

L'Istat ha fornito i dati sul prodotto interno lordo, vale a dire la ricchezza di un territorio, di una comunità. E la fotografia scattata dall'Istituto di statistica rende noto che il Pil pro capite del Mezzogiorno è la metà del Centro nord. Tanto per fare qualche cifra, al Nord ovest si registra 33.500 euro di Pil per abitante, nel Nord est 31.400, al Centro 29.400, al Sud 17.200. In sostanza un divario gigantesco separa le economie di Nord e Sud d'Italia.
Non è certo una scoperta di oggi, ma gli ultimi dati disponibili sono spaventosi, allarmanti. Una differenza che dimostra come in Italia si viaggia, e soprattutto si produce, a velocità opposte causando situazioni di grande benessere e di estrema povertà. Una forbice che si ripropone nell'analisi dei numeri che riguardano l'Umbria in relazione al resto delle regioni e che la piazzano come ultima delle regioni del Centro nord o, se si vuole, la prima del Centro sud.
I dati confermano l'immagine di un’Umbria di mezzo, a metà strada tra Nord e Sud. Una regione con un Pil per abitante che, benché in crescita di 400 euro rispetto al 2011, rimane lontano dalla media nazionale (24.400 euro contro 26.700), da quella del Centro Italia (29.400 euro) e lontanissima da quella del Nord ovest (33.500 euro). Al palo anche i consumi: 15.700 euro quelli per abitante contro una media nazionale pari a 16.300 euro. Inferiore rispetto alla media nazionale anche il reddito medio da lavoro dipendente: 32.700 euro contro 36mila della media nazionale.
Numeri ai quali si accompagna anche un’occupazione scesa dell’1,5%. Sensibilmente inferiore al resto del Paese è poi il valore aggiunto per abitante: circa 21mila euro in provincia di Perugia e 20mila in quella di Terni contro una media pari a 24.200 euro. Una regione, l’Umbria, dove il 62% del valore aggiunto complessivo viene generato dai servizi, di cui il 27% proveniente dai servizi finanziari, immobiliari e professionali; l’industria invece vale il 18,8%, l’agricoltura il 2,8% e le costruzioni il 5,8%.
Queste voci e soprattutto questi numeri ci offrono una lettura di grande preoccupazione perché il rischio è che l'Umbria venga risucchiata ancora di più verso il Sud, che i suoi parametri si accostino a quelli del Mezzogiorno. I commenti sono all'unisono. A cominciare da quelli della Cgil, che ne approfitta per invocare un piano del lavoro che possa riattivare l'occupazione, risollevare i redditi e rifar partire i consumi.
Siamo d'accordo e siamo ancora più convinti che non bisogna stare con le mani in mano, che bisogna fare qualcosa, e farlo subito. Che sia il piano del lavoro, che sia qualsiasi altro piano, ma si faccia qualcosa; non muoversi significa accelerare il declino di questa terra.


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