lunedì 26 novembre 2012

La classe dirigente
costretta a riflettere

Il punto del direttore del 27 novembre 2012

L’Umbria preferisce Matteo Renzi, il rottamatore per eccellenza, che vince con un 44,4 per cento, distaccando di due punti Pier Luigi Bersani fermo al 42,5. Così hanno deciso i cittadini che domenica si sono recati a votare per le primarie del centrosinistra. Un risultato questo che sollecita una lettura del voto a prescindere dal fatto che il 2 dicembre si replica con il turno di ballottaggio.
I voti di solito prima si contano e poi si pesano. Ma quanto accaduto obbliga un'operazione in contemporanea perché la notizia, da qualsiasi parte la si guardi e la si giri, è sempre quella. E cioè che Renzi si è imposto in questo cuore d'Italia, verde per il paesaggio, rosso per il colore politico che da decenni lo contraddistingue.E si è imposto a sorpresa, contro tutti i pronostici, sfidando l'establishment del partito, aggiudicandosi il successo in roccaforti importanti perché esprimono l'attuale classe dirigente, roccaforti come Perugia, Todi, Città di Castello, Spoleto, Marsciano, Assisi. Man mano che affluivano i dati e segnavano il sorpasso numerico di Renzi su Bersani, chi in Umbria seguiva lo spoglio si stropicciava gli occhi e pensava di aver sbagliato regione. Invece era tutto vero, il sindaco di Firenze faceva razzìa di preferenze, a scapito dei bersaniani.
Ma qual è il valore di questo voto? Qual è il peso specifico di questo risultato che consegna l'Umbria a chi vuole mandare in pensione i vecchi della politica?
Sicuramente è un risultato che impone una riflessione, sia dalle parti del centrosinistra che, perché no, del centrodestra e delle occasioni perdute. Una riflessione seria, profonda, soprattutto senza arroganza e senza complottismo e/o dietrologia. Perché è un risultato che in un certo senso boccia la posizione degli attuali amministratori, di quei giovani turchi che si sono schierati per il segretario nazionale. E questa non è una lettura semplicistica, è l'unica interpretazione nell'osservare come la gente abbia scelto di votare per chi un'idea, una speranza di cambiamento la propone, la racconta da un palcoscenico e attraverso un camper. Qui sta il nocciolo della questione e per favore ci venga risparmiata la caccia ai traditori.
Le ragioni che hanno portato gli umbri a questo voto non sono difficili da comprendere, se vogliamo sono pure banali; tra i due maggiori competitors Renzi è risultato più credibile e sincero nell'illustrare il programma, Bersani più ingessato, più "usato sicuro".
Punto. Spremersi le meningi per cercare di capire scelte che invece sono comprensibilissime significa perdere tempo e non approdare a nulla.
Insomma il sindaco di Firenze ha incarnato il nuovo e ha dimostrato che in Umbria la gente ha voglia di cambiare. E prima di tutto voglia di partecipare perché in un clima di antipolitica gli oltre 76 mila elettori sono un bel numero (Vendola ha ottenuto l'11 per cento, Puppato l'1,33 e Tabacci lo 0,49), testimoniano che se c'è da scegliere non si tirano indietro. Anzi, affollano i seggi e preferiscono mettere la croce sulla scheda. Questo tanto per rispondere a chi le primarie le osteggia e a chi le preferenze le guerreggia.

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