mercoledì 14 ottobre 2015

Musica nuova in Senato

Editoriale Radio Onda Libera del 13 ottobre 2015

Oggi è un giorno importante per le riforme. Oggi il Senato darà il via libera al ddl che segnerà la più rilevante modifica della Costituzione dalla sua nascita, ponendo fine al bicameralismo. Diciamo subito che non sarà il via libera definitivo, perché ci vorranno altri tre passaggi e un referendum, ma quello di oggi è una tappa decisiva. Rispetto alla versione iniziale, il testo è molto diverso e gli ultimi ritocchi - in particolare sulla semi-elettività dei senatori - sono frutto dell’accordo che ha riportato la pace nel Pd.


Ma cosa cambierà in poche parole? Avremo un Senato composto da sindaci e consiglieri, con funzioni limitate, un’unica Camera che legifera e vota la fiducia. Più poteri al governo, che potrà chiedere tempi certi per l’approvazione dei suoi ddl. Capitolo risparmi: resteranno molti costi fissi, circa l’80%, che nemmeno questa riforma potrà abbattere.
Ma vediamo i punti sostanziali della riforma. Innanzitutto finisce il bicameralismo. Oggi Camera e Senato hanno le stesse, identiche, funzioni. Con la riforma, la Camera continuerà a votare le leggi e a svolgere le funzioni di indirizzo e di controllo politico - per esempio votando la fiducia al governo - ma lo farà in maniera esclusiva. Il Senato non voterà più la fiducia e la sua funzione legislativa sarà drasticamente ridotta. Non avrà più competenza sulle leggi ordinarie. Potrà solo chiedere delle modifiche, ma il suo parere non sarà vincolante. Avrà una funzione di raccordo tra lo Stato e gli enti locali. Per questo sarà composto da amministratori: 74 consiglieri regionali e 21 sindaci. Ci saranno poi 5 cittadini nominati dal Presidente della Repubblica. In pratica da 315 senatori si scenderà a 100.
Saranno i cittadini a eleggere i 95 senatori? In un certo senso. Perché durante le elezioni regionali, i cittadini esprimeranno la loro preferenza, indicando chi vorranno mandare in Senato (una legge ordinaria, ancora da approvare, regolerà questo meccanismo). Ma poi saranno i consigli regionali a eleggere i futuri senatori, in proporzione alla loro composizione politica. Che non riceveranno altre indennità oltre a quella da sindaco e consigliere.
Per il risparmio qualcosa si risparmierà ma resteranno alcune voci di spesa viva, ma del resto nessuno ha la bacchetta magica. Due calcoli a spanne ci fanno sapere che si risparmierà qualcosa come il dieci-venti per cento, sui 500 milioni di spese del Senato nel 2014. Non è granché ma l'importante è cominciare a razionalizzare una macchina elefantiaca, a incidere sulla spesa pubblica.
Ora il testo della riforma dovrà tornare alla Camera. In caso di via libera senza modifiche si concluderà la prima lettura. Poi dovrà essere nuovamente approvata dal Senato e infine ancora della Camera. A quel punto, ci sarà il referenduum.
Un momento significativo questo di oggi perché finalmente si cambia l'impianto dello Stato, si semplifica la vita amministrativa e si velocizza l'iter legislativo. Un passaggio che dovrà far diventare questo Paese più moderno e più capace di rispondere alle esigenze dei cittadini. Continuare ad avere due Camere che fanno la stessa identica cosa è anacronistico e soprattutto è una voragine di denaro pubblico che non ha più senso mantenere. Uno dei due carrozzoni deve essere smontato e bisogna dare atto a Renzi di aver portato a casa un risultato che all'inizio del suo governo sembrava insperato. Giusto dare a Cesare quel che è di Cesare.


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