domenica 11 ottobre 2015

Lascia o raddoppia?
E non è un telequiz

Il punto del direttore dell'11 ottobre 2015
 
Lascia o raddoppia? Era il titolo di un fortunato telequiz degli anni 80 che teneva incollati al piccolo schermo milioni e milioni di italiani. Lo ha preso ad esempio per incanalare la sua carriera il magnifico rettore dell’Università per stranieri Giovanni Paciullo che, dopo aver maneggiato la calcolatrice, si è fatto due conti e ha pensato bene di dimettersi anzitempo per ricandidarsi. E’ sembrato lì per lì un controsenso, invece l’arcano è stato subito svelato. Lo ricordiamo per i più smemorati.
In carica dal 2013, quando è succeduto alla collega Stefania Giannini eletta a Palazzo Madama e poi in seguito nominata ministro della Pubblica istruzione, il buon Paciullo avrebbe terminato il mandato nel 2016. Ma a quel punto non si sarebbe potuto ricandidare per il secondo triennio per raggiunti limiti d’età. Ed ecco allora il marchingegno. Lascia l’incarico un anno prima, cioè quest’autunno, si va al voto e si ricandida per raddoppiare, e quindi secondo i suoi calcoli essere rieletto e arrivare al 2018.
Una trovata astuta che se andrà in porto gli garantirà il rettorato per cinque anni, anziché fermarsi a tre. Ora il lascia e raddoppia che ha in mente Paciullo è fin troppo chiaro, anche se onestamente alquanto discutibile dal punto di vista etico. Almeno per due motivi: perché dà l’impressione di voler restare attaccato all’ermellino e perché fa sospettare che a Palazzo Gallenga il rettore uscente (e forse rientrante) può fare come gli pare.
Un altro aspetto merita di essere raccontato. Le dimissioni del rettore sono state accolte con un silenzio incredibile, nessuna istituzione ha trovato il tempo e la voglia di commentare, di mandare in giro una nota, un comunicato di approvazione o disapprovazione. Niente, nisba. Come se si fosse dimesso un consigliere di una pro loco di periferia. Le ipotesi sono varie: non frega a nessuno della governance della Stranieri, sono tutti d’accordo con la scelta di Paciullo o peggio ancora Palazzo Gallenga non è attenzionato perché è diventato uno Studium di scarsa rilevanza culturale, sociale ed economica nonostante un passato prestigioso.
Ma a parte questo, che rappresenta l’antefatto, il bello deve ancora venire. Perché il 15 ottobre, giovedi prossimo alle 13, scade il termine per le candidature e a quanto pare non c’è uno straccio di sfidante. Eppure possono concorrere tutti gli ordinari italiani, a proposito le elezioni sono fissate per il 27 del mese.
L’aria che tira (a proposito è anche il titolo di un’altra trasmissione questa volta su dalle parti di piazza Grimana non è lusinghiera. Ci sono per adesso due orientamenti per coagulare il dissenso, il primo porta a disertare le urne, il secondo a votare scheda bianca. Bene, anzi male. Coloro che pensano di muoversi come sopra passano dall’eventuale ragione al torto pieno perché non hanno il coraggio di esprimere la contrarietà a tale situazione, e anche al rettore candidato, uscendo allo scoperto e mettendoci come si suol dire la faccia. Nascondersi per far sì che le cose non cambino vuol dire che saranno anche stimati professori ma sono timorosi perché non hanno l’ardire di mettersi in gioco e soprattutto di accettare la sfida. Addirittura c’è chi dice con rassegnazione che è tutto inutile, tanto Paciullo se ha lasciato lo ha fatto sicuro di raddoppiare e quindi bisogna aspettare il 2018 per “liberare” la Stranieri.
Senza calcolare il rischio che fra tre anni Palazzo Gallenga potrebbe, gli scongiuri sono d’obbligo, essere adibito ad altro, magari un museo, visti i tempi che corrono, le iscrizioni che calano e il vento di riforme che imperversa. Insomma a prescindere da tutto, speriamo che la mossa tanto democristiana di Paciullo non si riveli un boomerang. Lo speriamo tanto per il bene della Stranieri ma anche di Perugia.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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