domenica 2 aprile 2017

Quando la politica perde
l'occasione per fare sintesi

Il punto del direttore del 2 aprile 2017

La discussione sulla legge contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere è stata rinviata a dopodomani. La seduta del consiglio regionale ha segnato un punto basso della politica nostrana, nell'aula si è sfiorata la rissa poi non c’era il numero legale e l'appuntamento è stato rinviato. Fin qui il riassunto della puntata precedente. Ma la lettura di quello che è accaduto è più articolata.
Innanzi tutto va registrato, a nostro avviso, il fallimento di questo modo di fare politica, fallimento che non sta nel non aver approvato la legge, bensì nel non aver saputo coniugare le posizioni di due mondi, quello della famiglia tradizionale e quello delle unioni civili, quello dei cattolici e quello degli omosessuali. Ora la legge verrà approvata, su questo non ci sono dubbi considerati i numeri della maggioranza, se non martedì sarà un altro giorno ma la strada pare tracciata e netta. Un dato va comunque sottolineato e cioè l'andamento a ramengo della maggioranza in consiglio regionale, con le due anime del Pd, quella degli ex Ds e quella della ex Margherita, che non perdono occasione per rimarcare differenze di vedute e soprattutto di sensibilità. Con chi firma la proposta di legge sull'omofobia e chi presenta l’emendamento su cui si scatena la bufera, con chi promette la posizione di apertura e chi invece con poche righe rimette la palla al centro.In mezzo a gamba tesa entra la Chiesa che con il vescovo Domenico Sorrentino si intromette in una discussione che all’apparenza ha il senso di un appello al dialogo e al rispetto di tutti ma in realtà è un invito a non perdere di vista la famiglia come fondamento di ogni comunità. Ora è comprensibile che dal mondo cattolico arrivi quest’indicazione ma è altrettanto vero che la politica nell’accogliere le istanze di una società anche laica faccia la sua parte. Del resto basta ricordare quello che è accaduto in parlamento quando si è scatenato il putiferio prima e durante il dibattito della legge sulle unioni civili. Ma quello che rammarica è, al di là delle posizioni e delle diversità di opinioni, il fatto che chi di dovere non ha compiuto alcun passo per arrivare a una sintesi delle ragioni dell’una e dell'altra parte. La spaccatura in seno alla maggioranza addirittura si è consumata per il famoso emendamento Smacchi che ribadisce un diritto costituzionale, quello relativo alla libertà di espressione che per i sostenitori della legge si tratta di un espediente salva-omofobia. Invece ha tutto il senso di un compromesso, il solito compromesso all'italiana, secondo cui è vera una tesi ma anche il contrario. Ora se le parole hanno un senso l’emendamento non dice nulla di nuovo ma nasconde un'interpretazione elastica. E su questo forse occorrerebbe avere il coraggio di assumersi fino in fondo la responsabilità di un’azione anche se le norme che escono da palazzo Cesaroni possono scontentare Tizio o Caio, questa parrocchia o quell’altra. Un altro discorso riguarda le opposizioni che non hanno fatto che il proprio dovere, mettere cioè in difficoltà la maggioranza che grazie alle assenze si è impantanata non riuscendo a portare a casa l'approvazione della legge. E’ finita la stagione delle stampelle, e questo va salutato con favore. Ma a parte il dato politico, ribadiamo che si è persa un’opportunità, quella di elaborare una legge che tenga insieme due mondi solo apparentemente contrapposti. Perché al centro di tutto e di tutti ci dovrebbe essere soltanto la persona, e non i pregiudizi e gli integralismi.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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