lunedì 16 aprile 2012

Maggioranza unita? L'apparenza inganna

Il punto del direttore del 15 aprile 2012

La maggioranza c’è, è coesa e compatta ed è quella di centrosinistra uscita dalle urne. Punto e basta. Questo significa che le cose vanno bene, anzi benissimo. Quindi c’è poco altro da aggiungere, visti i toni e i contenuti di qualche documento ufficiale c’è solo da stappare una bella bottiglia per festeggiare il ritrovato accordo, la ritrovata armonia, il ritrovato feeling.
A proposito va ricordato che quando la minoranza decise di abbandonare le cariche istituzionali per obbligare la maggioranza a cambiare il passo di marcia, la stessa maggioranza non ci pensò due volte a occupare anche i posti in consiglio regionale spettanti alla minoranza. Con un patto, di arrivare all’approvazione del bilancio e poi ritirarsi e far sì che l’assemblea tornasse a funzionare tenendo conto di tutti i partiti e di tutte le rappresentanze.
Ora, il bilancio è stato approvato e i tre consiglieri (per la cronaca Chiacchieroni, Smacchi e Barberini) hanno pensato bene di tener fede all’impegno. Pare anche con il benestare del capogruppo del partito.
La decisione però non è stata gradita, anzi è stata criticata dal resto della coalizione. E il malumore ha regnato all’avvio del confronto di 48 ore fa. Poi c’è la questione morale a tenere in allerta la coalizione pungolata coerentemente da Rifondazione comunista e l’Italia dei valori che chiedono che se ne discuta e soprattutto si decida il da farsi. A metà settimana è fissato un altro incontro, questa volta allargato anche ai capigruppo oltre che ai segretari di maggioranza. E da quel giorno dovrebbe ripartire l’iter, il percorso verso le riforme. A cominciare da quello sulla sanità che ogni tanto viene bersagliato dai numeri, tipo 2 più 2, oppure 2+1, o ancora 3 e mezzo, o infine 1+ 1 e qualcosina. Dove queste cifre racchiudono la riduzione delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere. Dall’assessorato alla sanità hanno ribadito che l’ipotesi di lavoro della giunta è quella di due aziende sanitarie locali e due aziende ospedaliere con un unico comitato di indirizzo. E su questo la discussione è apertissima considerato che per esempio il Pd in una nota di fine gennaio proponeva una sola azienda ospedaliera con due poli a Perugia e Terni. Forse questo sarà il punto di approdo…Poi si sa che alcuni territori non ci stanno a vedersi “scippata” la sede dell’Usl e finire accorpati con le aree vicine (il piano prevede la fusione delle attuali Usl 1 e Usl 2 nell’Azienda Usl Umbria 1, e Usl 3 e Usl 4 nell’Azienda Usl Umbria 2). E quindi il malessere serpeggia, accresciuto dalla prossima e inevitabile eliminazione, per forza di cose e di tagli, dei punti nascita che sono improduttivi. E anche su questo capitolo c’è sollevazione, per esempio ad Assisi, dove è già in corso una raccolta di firme con tanto di protesta eclatante del primo cittadino che per l’occasione è riuscito anche a travestirsi da fantasma.
Comunque al di là di tutto, l’unica verità è che le riforme, soprattutto questa dei servizi sanitari, non possono più aspettare. Il titolo di un film diceva “il Paradiso può attendere”, le riforme no. Altrimenti l’Umbria rischia non solo di rimanere ferma, chiusa nel suo immobilismo, ma addirittura perdere colpi, indietreggiare. E se ciò avvenisse sarebbe un guaio. Per tutti. Per chi amministra e per chi è amministrato.
Beh, proprio proprio così non è. Nel senso che una cosa è il comunicato “tutto va bene madama la marchesa”, un’altra è la versione dei fatti resocontata dall’ottima collega Lucia Baroncini. Che cita ad esempio le fibrillazioni dovute alle dimissioni di tre consiglieri di maggioranza, del Pd in particolare, dagli incarichi istituzionali per far posto alle opposizioni che un paio di mesi fa erano uscite per protesta.

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