Il punto del direttore del 12 giugno 2016
Paradossale. Questo il termine più azzeccato, per definire la vicenda Rocchetta. Un’azienda, leader in Umbria e quarto gruppo a livello nazionale nelle acque minerali, che decide di investire una trentina di milioni di euro, centesimo più centesimo meno, nell’area di Gualdo Tadino, con un progetto che porterà occupazione e risorse, viene bloccata per l’opposizione di un solo soggetto, la Comunanza Agraria Appennino Gualdese.
L’azienda ha tutte le autorizzazioni a posto, il via libera del Ministero, della Regione, del Comune, dei sindacati, delle associazioni professionali e ambientaliste, e da sempre il sostegno esplicito di Confindustria. Eppure non può mettere mano al portafogli per un ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) della suddetta Comunanza. Ora, a rigor di logica, se qualcosa non è a posto è giusto e sacrosanto rivolgersi ai giudici amministrativi ma se il fascicolo finisce in una pastoia burocratica per una questione di puntiglio, speriamo che sia solo questo, e i tempi si allungano a dismisura conoscendo purtroppo le lungaggini dei ricorsi e controricorsi, allora qualcosa bisogna dire. Innanzi tutto che la giustizia amministrativa sia veloce, decida al più presto, perché in ballo non ci sono bruscolini bensì lavoro, sviluppo e ambiente (il progetto prevede investimenti per l’ “Oasi”, per nuove tecnologie e per una nuova acqua).
Poi bisogna alzare la voce contro chi si mette in mezzo a un progetto di investimento e la devono alzare tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questo pezzo di terra del nord dell’Umbria, di questa regione che è tanto bella ma tanto piccola. In un’area massacrata dalla crisi, dalla chiusura della ex Merloni e dalla situazione drammatica in cui versa il settore della ceramica, impedire a un’azienda come la Rocchetta di fare il proprio lavoro, che è quello di fare impresa, vuol dire non rendersi conto della realtà, vivere su un altro pianeta. Un dato per tutti: in otto anni, dal 2008 a oggi, si sono persi 2.200 posti di lavoro.
Ma vediamo quali sono le posizioni delle parti in causa e vediamo da quale parte pendono le ragioni. Sulla bilancia mettiamo un piano che ipotizza la valorizzazione di un’area rispettando tutti i vincoli e le salvaguardie imposti dalle normative. E sull’altro piatto mettiamo un ente che sostiene la menomazione degli usi civici, vale a dire il diritto di pascolo e di far legna, diritti che si perdono nella notte dei tempi quando le comunità era soltanto rurali e questi diritti avevano il senso di esistere.
Insomma ci pare che la contrapposizione sia tra lo sviluppo di un’area e l’interesse particolare. Possibile che tutti gli enti citati sopra, da quello centrale ai più noti organismi siano dalla parte sbagliata? E soltanto il gruppetto che fa capo alla Comunanza abbia in tasca la verità? C’è qualcosa che non funziona, non quadra per il verso giusto. Al di là delle posizioni strumentali e pregiudiziali per esempio sul fatto che la Comunanza non sia stata ascoltata dalla Regione, sarebbe il caso di andare al sodo, e analizzare se un piano industriale può fare o meno il bene di una comunità. E questo presentato dalla Rocchetta sicuramente lo fa, a meno che a Gualdo non siano tutti ricchi e benestanti e non abbiano bisogno di posti di lavoro, di nuova occupazione e non perdere quelli che hanno. A meno che a Gualdo la cura del territorio sia appannaggio della Comunanza e non invece di Comune, Regione e via discorrendo. A meno che la tutela dell'ambiente interessi solo alla Comunanza e non per esempio ad associazioni blasonate in questo settore che hanno nella propria storia battaglie serie e non pretestuose.
Allora il problema dov’è? Perché si bloccano trenta e passa milioni di euro di investimenti per una posizione a parole a difesa di diritti più vecchi del feudalesimo? Onestamente non capiamo la Comunanza, chi la rappresenta e chi soffia sul fuoco. Proviamo a immaginare le ripercussioni se la Rocchetta ritirasse il piano. Un altro colpo pesante all'economia del posto, un altro duro colpo a una zona già in agonia. È questo che vogliono i signori e le signore della Comunanza? La gente del posto sicuramente no, per ciò questi investimenti vanno difesi con i denti e con le unghie. Perché un'azienda come la Rocchetta da oltre 20 anni oltre a imbottigliare acqua minerale non lesina interventi nel territorio, sborsa fior di milioni tra tasse e oneri e garantisce lavoro diretto e indotto a un numero cospicuo di aziende, attività e professionisti della zona. Questi aspetti andrebbero valutati prima di azionare la polemica e come si suol dire menare il can per l’aia.
In conclusione Gualdo e l’Umbria non possono permettersi di perdere un investimento di tale portata. L’interesse generale in questo caso è superiore a quello particolare e chi vuole il bene di questa area si schiera a favore, auspicando come ha fatto il sindaco Massimiliano Presciutti un pronunciamento del Tar in tempi rapidi.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
ww.annamossuto.it
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