giovedì 9 giugno 2016

Andare a votare per il bene di tutti

Il punto del direttore del 5 giugno 2016

Non si può negare un dato evidente e incontrovertibile, e cioè che sono parecchie le poste in palio legate al turno elettorale di oggi. Sminuire questo test significa non leggere onestamente la realtà politica di questo momento storico. Allora, il voto in città importanti come Roma, Milano, Napoli e Torino influenzerà per forza di cose l’andamento e gli equilibri tra i partiti e all’interno delle coalizioni.

Innanzitutto va fatta una premessa: le elezioni amministrative sono un passaggio importante nella vita di una comunità perché il sindaco e i consiglieri comunali rappresentano il front office dei bisogni e delle istanze della gente, il primo “sportello” amministrativo a cui si rivolgono i cittadini. E in queste competizioni entrano in gioco fattori come la conoscenza e la stima personale più che il senso di appartenenza ai partiti e a quel che resta delle ideologie.
E ora vediamo cosa c’è sul piatto della bilancia per ogni partito e quale significato assumono queste elezioni. Partiamo dal governo. Renzi all’inizio aveva sostenuto che il risultato di stanotte non sarebbe stato un giudizio su Palazzo Chigi spostando l’asticella in avanti, al referendum costituzionale di ottobre. Quello sì sarebbe stato uno spartiacque, in caso di vittoria del no lui ha annunciato e ribadito che smetterà di fare politica e andrà a casa. Ma negli ultimi giorni la strategia è cambiata, all’ultimo miglio il premier ci ha messo la faccia andando a sostenere Fassino a Torino, Giachetti a Roma, Sala a Milano e la Valente a Napoli. Insomma si è reso conto che la partita di ottobre prevede un primo tempo anticipato, che si gioca oggi per ben 14 milioni di italiani chiamati ai seggi. E visto che il risultato è carico di incertezza, questo deve essere stato il suo ragionamento, tanto vale spendersi e non restare arroccato perché non si sa mai. Per il Movimento cinque stelle la sfida è da “o la va o la spacca” e i riflettori sono puntati sulla capitale dove la Raggi è in pole position visto il termometro degli attacchi continui. Certo per i grillini oggi è veramente il giro di boa perché provano a cambiare pelle, a passare da una condizione di protesta a una proposta di governo, e lo stanno facendo senza un leader perché dopo la morte di Casaleggio anche Grillo si è dileguato. Il voto di oggi è determinante, e ancora più significativo, per le sorti del centrodestra che si gioca il futuro e non solo. Da queste urne ne deriva un duplice effetto: l’affermazione di Salvini come leader dello schieramento e nello stesso tempo la fine di Berlusconi, soprattutto se al ballottaggio di Roma dovesse arrivare la Meloni che non è appoggiata da Forza Italia dopo il ritiro forzato di Bertolaso e l’appoggio a Marchini.
Un quadro questo legato ai verdetti ma prima non va sottovalutato il fenomeno dell’astensionismo che da qualche elezione a questa parte sta assumendo dimensioni importanti a testimonianza della disaffezione dei cittadini verso la politica e in genere i partiti. Di solito alle amministrative il tasso di partecipazione è più alto rispetto alle politiche, alle europee e ai referendum e questo potrebbe fan ben sperare. Ma un appello al voto è sempre meglio farlo. Andare a votare è un diritto-dovere civico a cui non è giusto e soprattutto opportuno abdicare, si voti chiunque e qualsiasi simbolo ma non si disertino le urne. L’indifferenza non aiuta a cambiare le cose e allontanarsi dalla politica significa comunque delegare ad altri la responsabilità (o l’irresponsabilità) del governo delle nostre città. Insomma non andare a votare significa rinunciare a un pezzo di democrazia e questo sarebbe un errore madornale.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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