Editoriale Radio Onda Libera del 16 giugno 2016
Oggi parliamo di debito pubblico, per il quale va registrato un nuovo record, negativo. Ad aprile siamo a quota 2.230 miliardi. Rispetto a marzo il dato aumenta di 2,1 miliardi quando era stato stimato in 2.228,7 miliardi. Si tratta del secondo massimo storico consecutivo. Il dato è stato pubblicato mentre il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, presentava la sua relazione al Parlamento.
“Il forte peso del debito pubblico – ha spiegato – pone limiti significativi alla possibilità di condurre politiche di crescita prevalentemente basate sullo stimolo fiscale. Questo limite sussiste indipendentemente dalle regole europee e dai loro margini di flessibilità”.
Detto in soldoni, se non si abbassa il debito pubblico non ci può essere crescita e se non c'è crescita non ci può essere occupazione e se non ci sono crescita e occupazione la crisi non finisce. Insomma un gatto che si morde la coda, un circolo vizioso, che blocca il Paese e allontana la ripresa checché ne dicano osservatori ed esperti.
L'aumento del debito pubblico non è un problema di macroeconomia, che interessa solo gli economisti o gli appassionati di statistiche. Si riverbera sulle nostre vite e sui nostri bilanci, sui nostri portafogli.
Ma l’aumento del debito ha prestato anche il fianco del governo agli attacchi dell’opposizione. Da febbraio 2014, quando ha cominciato a governare Renzi, il debito pubblico italiano è aumentato di 123,20 miliardi in poco più di due anni. C’è poco da festeggiare con il No-Imu day.
Al di là della polemica politica, comprensibile tra maggioranza e opposizione, siamo dell'avviso che bisogna mettere mano a una seria manovra di spending review, a una forte e imponente riduzione della spesa pubblica, a una riduzione degli sprechi, dei lauti stipendi e delle pensioni d'oro. Solo così facendo si ridurrebbe il debito pubblico e si potrebbe pensare a Una ripresa.
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