sabato 12 dicembre 2015

Un grande evento

Il punto del direttore del 10 dicembre 2015

E' stato significativo, carico di emozioni, il momento dell’apertura della Porta Santa che segna l'inizio del Giubileo straordinario dedicato alla misericordia. Un evento globale che ha una portata storica e scrive una pagina nuova per il pontificato, già definito rivoluzionario di Papa Francesco, e per la Chiesa intera.
Questo Giubileo è arrivato cinquant’anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, quando ci fu un’apertura alle problematiche della modernità; è arrivato quindici anni dopo l’ultimo Anno Santo presieduto da Giovanni Paolo II che accompagnò la Chiesa in un altro millennio; ed è arrivato per volere di questo Papa che per la prima volta ha esteso il Giubileo nelle periferie, disponendo di aprire dappertutto le Porte Sante e non solo a Roma. Ma non ci sono solo questi meriti da inserire nella categoria delle novità. Ce ne sono parecchi. Come la presenza di un altro Papa, l’emerito Ratzinger, e l’abbraccio tra i due è un’immagine insolita e unica. O la preapertura, simbolicamente possente, della Porta Santa a Bangui nella Repubblica del Centrafrica martoriata dalla guerra civile, e quel portone di legno è diventato il portone della speranza.
Questo Giubileo si apre in un’epoca particolare, in un mondo completamente cambiato e minacciato dal terrorismo islamico che assedia l’Occidente dopo i fatti di Parigi, dopo la gente sgozzata in diretta, dopo le stragi in nome di una folle religione. Ma anche in una Chiesa che è alle prese con scandali che le scuotono le fondamenta e mettono a dura prova gli insegnamenti.
Il messaggio forte di questo Giubileo vuole essere comunque la misericordia, vuole essere l’apertura di tutte le porte verso l’esterno, verso le periferie, tutte le periferie fisiche, anche quelle di casa nostra, dove vivono gli ultimi, i poveri, gli emarginati, ma anche le periferie spirituali, quelle della nostra umanità, del nostro essere persona.
Ma cosa vuol dire misericordia? È un sentimento, una declinazione retorica, uno stato d’animo? Di sicuro non è uno slogan buonista, ci piace credere che al contrario sia una sfida, quasi una provocazione. Che deve tradursi in opere di misericordia, in fatti concreti, in osservanza dei comandamenti e dei valori come il rispetto della dignità, l’accoglienza, l’amore per il prossimo, la vicinanza a chi soffre. Dovere dei cristiani è raccogliere questo spirito. C’è un anno di tempo per non rimanere indietro o peggio smarrirsi in distrazioni effimere. Tradire questo segnale significa due cose: per chi ha fede non capire l’importanza della misericordia che va anche oltre la giustizia, per chi non ha fede perdere l’occasione di un cammino di conversione che vince ogni paura.

anna.mossuto@gruppocorriere.it

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