domenica 12 febbraio 2017

Le mosse di Renzi, i motivi della Consulta

Editoriale Radio Onda Libera del 10 febbraio 2017

Due notizie di politica. La prima riguarda le mosse di Renzi in vista della direzione di lunedì del partito, la seconda fa riferimento alle motivazioni della Corte costituzionale sulla legge elettorale. Partiamo dal Pd e da quello che ha intenzione di fare il suo segretario. Il ragionamento è il seguente; se non si possono anticipare le elezioni a giugno, allora si anticipi il congresso del Pd. Quando? Subito: prima delle amministrative. L'ipotesi del voto anticipato resta la preferita ma quasi tutti pensano che sia invece fallita. Il senso del voto a giugno sta nel fatto che il Pd non può permettersi di bruciare un leader che, stando ai sondaggi che arrivano al Nazareno, resta ancora il più popolare. E' il ragionamento di Renzi, riferito a se stesso naturalmente.
Ma se il voto a giugno non scatterà, allora il segretario è pronto a chiedere il congresso subito, in modo da celebrarlo entro maggio o addirittura aprile, magari con una semplificazione delle procedure da decidere e votare a maggioranza in assemblea. Anche a costo di dimettersi dalla segreteria già lunedì prossimo. Di sicuro, facendo in questo modo, Renzi vuole anticipare i tempi perché ha timore delle frenate del Pd e di una parte che sta lavorando per eliminarlo politicamente. Insomma non ci sta a stare sulla graticola fino al 2018 e farsi cucinare a fuoco lento.
Intanto è stata depositata la sentenza con cui la Corte costituzionale spiega perché il 25 gennaio sancì la parziale illegittimità dell'Italicum. In 99 pagine i punti bocciati dalla Consulta che riguardavano, in particolare, il ballottaggio e la libertà di opzione per i capilista eletti in più collegi.
I punti principali. No al ballottaggio perché, per come è congegnato nell'Italicum, determina una lesione della rappresentatività degli elettori. Sì ai capilista bloccati, riconoscendo su questo piano il ruolo dei partiti. Sì al premio di maggioranza considerato ragionevole per la lista che raggiunge il 40 per cento dei voti. E invito al legislatore a garantire maggioranze omogenee nei due rami del parlamento. Ecco questa la parte, l'ultima, fondamentale perché dice che bisogna rendere le leggi omogenee per le due Camere. Ma oltre questo ovviamente non va perché spetta al capo dello Stato sciogliere il Parlamento e ai partiti decidere la data del voto.
La sensazione è che, lo dicevamo anche ieri, i politici non ci pensano ad andare al voto; sono scattati i regolamenti di conti e a rimetterci ancora una volta sarà il Paese che non riesce ad andare avanti, che in autunno vedrà un'altra finanziaria lacrime e sangue, che è sempre più immerso in una crisi profonda.

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