domenica 12 febbraio 2017

La lezione di Bassetti alle istituzioni

Il punto del direttore del 12 febbraio 2017

La Chiesa fa la sua parte e certe istituzioni no, o meglio non ancora. E’ l’ennesima volta che chi amministra sta su un pianeta diverso e lontano dalla realtà, dalla vita quotidiana di chi fatica e soffre per andare avanti, di chi lotta per la sopravvivenza, di chi non ha un lavoro e vive ai margini della società.E per fortuna che ci sono apparati come la Chiesa appunto che invece sta con i piedi per terra, in mezzo alla gente e tocca tutti i giorni l’entità della sofferenza sforzandosi di dare qualche risposta e qualche aiuto. La conferma di questa tesi ci viene dalle promesse, le solite, sbandierate da assessori al welfare che annunciano investimenti e progetti per l’accoglienza dei poveri e dei senzatetto. Così loro studiano e parlano di piani ad hoc che vedranno la luce non prima dell’anno prossimo, mentre la Curia di Perugia allestisce un dormitorio nell’oratorio di San Giovannino, centro storico della città, per ospitare una quindicina di clochard. Insomma c’è chi parla e chi realizza. L’Umbria non è tanto diversa dagli altri posti del mondo, anche da noi, nelle nostre strade e nelle nostre piazze, vivono i senzatetto, persone che si adattano alla meno peggio a dormire negli angoli più nascosti o sotto qualche pensilina con dei cartoni al posto delle coperte. Quando le temperature precipitano trascorrere la notte all’addiaccio diventa più pesante, più doloroso. Tant’è che un mese fa di fronte al freddo gelido papa Bergoglio diede ordine all’Elemosiniere del Vaticano di procedere con un piano per aiutare i clochard della capitale, a cominciare dall’apertura dei dormitori 24 ore, poi le auto per ripararsi e sacchi a pelo speciali per chi non si voleva muovere.
Questa notizia fece il giro dei giornali e delle tv, tutti a sottolineare l’eccezionalità dell’evento anche se a pensarci bene non stava succedendo niente di trascendentale, si stava soltanto operando nel nome del Vangelo, si stava soltanto offrendo un tetto a chi non ce l’aveva. Da noi è successa più o meno la stessa cosa. Durante una serata in cui il gelo penetrava nelle ossa e la tramontava congelava i muscoli, un gruppo di clochard ha bussato al campanello della Curia e le porte si sono spalancate.
L’accoglienza non è durata una notte ma sta durando tra mille difficoltà e qualche resistenza. Eh sì perché il bene il più delle volte si proclama con le parole e non con i fatti. E addirittura c’è chi guarda di traverso la presenza di questi poveracci nel quartiere. Eppure si tratta di persone sfortunate verso cui una società civile, la politica, non può restare indifferente o peggio ancora alzare i muri. A prescindere se si è credenti o meno. La solidarietà dovrebbe essere un valore, il bene comune un obiettivo di tutti, anche dei laici, anche di chi ha la responsabilità di governare questa città o questa regione. Non si può chiudere gli occhi e girarsi dall’altra parte di fronte agli ultimi, di fronte ai bisognosi. La dottrina cattolica è piena e zeppa di precetti che vanno in questa direzione, tutti gli uomini e le donne di chiesa dovrebbero, come insegnano papa Francesco e il cardinale Bassetti, aprire le porte degli oratori e delle canoniche ai senza tetto. Le prediche della domenica che insegnano la misericordia vanno ascoltate ma soprattutto trasformate in comportamenti, altrimenti sono soltanto bei discorsi che non portano da nessuna parte. Quindi un plauso a chi ha colto l’essenza dell’essere cattolico e si comporta come tale, ponendo al centro la persona, sempre e comunque. Non si può dire lo stesso di chi nonostante la delega al sociale continua a promettere azioni che come ha riferito con dovizia di particolari la collega Patrizia Antolini sul Corriere di ieri saranno attuate tra un anno. E oggi, in pieno inverno, cosa devono fare questi cristi di senzatetto? Continuare a dormire per strada al gelo? Oppure morire di freddo subito? Una volta Antonio Gramsci spiegò perché odiava gli indifferenti, di recente Bergoglio ha puntato l’indice contro la globalizzazione dell’indifferenza. Espressioni di due mondi opposti, eppure entrambi dalla parte degli ultimi.

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