sabato 14 gennaio 2017

Finisce la spinta del Jobs act

Editoriale Radio Onda Libera dell'11 gennaio 2017

Cresce la disoccupazione, le misure del Jobs act funzionano sempre meno. A novembre è rallentata la crescita degli occupati. E sul tappeto ci sono molti punti critici, dai licenziamenti alle politiche attive. Eppure appena quattro mesi fa l'allora presidente del consiglio Renzi twittava che il Jobs act funzionava. A settembre infatti l'Istat registrava 439mila occupati in più, 109mila disoccupati in meno, e segnalava un primo calo anche dei "Neet", i ragazzi che non studiano e non lavorano.Il capo del governo, insomma, aveva le sue buone ragioni per rallegrarsi dei 585mila posti in più creati dal giorno del suo insediamento. Ma già allora gli economisti dicevano di non guardare al dato mese per mese; le ultime cifre diffuse ieri sempre dall’Istat confermano per l’ennesima volta che la spinta del pacchetto di riforme messo in campo nel 2014 continua ad affievolirsi. Nel trimestre settembre-ottobre-novembre il numero degli occupati è calato dello 0,1% (-21mila) stabilizzandosi attorno a quota 22,7 milioni. La disoccupazione risale all’11,9% (+0,2 rispetto a ottobre e +0,5 sul 2015) segnando il record da giugno 2015 mentre in tutta Europa cala.
La crescita di posti di lavoro, ancora una volta si concentra esclusivamente tra gli over 50 +453mila) mentre cala tra i giovani. Il cui indice di disoccupazione risale in maniera preoccupante al 39,4% dal 37,6% di ottobre, ai massimi da oltre un anno. Di positivo c’è il calo degli inattivi, segno che il mercato del lavoro si sta comunque muovendo, ed il tasso di occupazione generale (57,3%) che si avvicina al massimo toccato nel giugno 2009. 
insomma il Jobs act funziona ancora? Il bilancio, a quasi due anni dal varo, e a poche ore dal pronunciamento della Consulta sui referendum promossi dalla Cgil (su articolo 18, voucher e appalti), è in chiaroscuro. L’occupazione, come si è visto, pur in presenza di un Pil che fatica ad aumentare, è cresciuta. E certamente ha funzionato l’azione di contrasto della precarietà, quel salto di qualità del mercato del lavoro che sta tanto a cuore al ministro Poletti, determinato dall’aumento dei contratti a tempo determinato a scapito di quelli a termine (oltre 2,4 milioni già a fine 2015 tra assunzioni e trasformazioni). Di sicuro il Jobs act è servito poco agli under 35, visti i livelli sempre impressionanti di disoccupazione giovanile.  Altro problema i voucher, il cui utilizzo è cresciuto in modo esponenziale. E infine il numero dei licenziamenti, pure questi molto aumentati.
Fin qui i numeri, che sono impietosi,nel bene e nel male, per quanto riguarda questo tema nel male purtroppo. Quello che serve, lo abbiamo detto anche ieri a proposito della situazione dell'Umbria, è un progetto, un intervento serio e radicale per creare posti di lavoro, per far sì che i giovani non vadano all'estero.
La riforma del lavoro di Renzi ci ha provato ma non è riuscita nell'intento, quindi va rivista, corretta, ma subito, senza perdere tempo, perché si tratta della vita delle persone, della dignità.

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