domenica 10 settembre 2017

Corte europea, e-mail e controlli

Editoriale Radio Onda Libera del 7 settembre 2017
 
La Corte di Strasburgo ha stabilito che il controllo delle e-mail dei lavoratori vìola il diritto a vita privata. E sì perché le email di lavoro sono equiparate al domicilio e alla corrispondenza. In una recente sentenza la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che controllare la posta elettronica di un dipendente equivale a una violazione del diritto ad avere una vita privata e una propria corrispondenza.
Nella stessa sentenza sono stati fissati una serie di paletti che limitano l'azione del datore di lavoro. Per esempio va notificato l'inizio dei controlli. In caso di mancata notifica decade la legittimità del monitoraggio e dell'eventuale licenziamento o azione disciplinare. Va poi accertato che le misure di sorveglianza messe in atto servano unicamente agli scopi che il datore ha dichiarato, comprese la durata e l'ampiezza delle verifiche e il numero delle persone che può accedere ai dati raccolti.
Le autorità devono anche stabilire se le aziende abbiano fornito motivazioni sufficienti a giustificare le indagini. In breve, sì ai controlli per evitare danni ai sistemi di telecomunicazione dell'azienda e contrastare azioni illegali ma seguendo regole molto strette nell'ottica di tutelare la "privacy digitale" dei lavoratori. Insomma si possono controllare i dipendenti ma non in modo selvaggio e illegale, va rispettata la privacy del lavoratore sempre e comunque.
Ma questo dovrebbe essere un principio assodato e acquisito perché in ogni occasione si invoca la tutela alla riservatezza, quindi il datore di lavoro deve attenersi a queste direttive. Meraviglia però che c'è bisogno sempre dell'intervento del giudice per ristabilire i diritti e gli obblighi dei cittadini. Ecco, questo stupisce perché le violazioni sono perseguibili; giustamente chi sbaglia paga, ma che i giudici debbano ricordare quello che prevede la legge ci sembra, parliamo con rispetto, una perdita di tempo.

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