giovedì 14 agosto 2014

Il “Don” non c’è più,
ma la sua opera resta per sempre

Il punto del direttore del 14 agosto 2014

Il “Don” non c’è più. Lo chiamavano così i ragazzi che lo hanno conosciuto. Il suo cuore ha cessato di battere martedì notte, nella sua stanza, alla Comunità Incontro di Molino Silla, la sua casa. Assistito fino all'ultimo respiro dai ragazzi che lui ha aiutato per una vita intera. Fin da quando nel febbraio del 1963, a piazza Navona, Alfredo, uno dei tanti giovani drogati gli si avvicinò per comunicargli il suo dolore, la sua disperazione. Don Pierino non mise mano al portafogli per mondarsi la coscienza, lo portò con sé nella sua abitazione. Quel giorno nacque l'idea di un centro, di una comunità dove accogliere i tossicodipendenti, quelli che per una dose di droga si bruciavano (e si bruciano) il corpo e l'anima.
Don Pierino scelse Amelia dove fondare la Comunità Incontro. I primi tempi furono brutti, terribili. La sede era un rudere cadente senza tetto. Pietra dopo pietra fu costruita la valle della speranza. E dalla prima Comunità Incontro ne sorsero altre, tante altre, in Italia e in tutto il mondo. Ora che la sua esistenza terrena è terminata di lui resta un'eredità immensa, un patrimonio di valori e di esempi, di vite strappate alle overdosi, di giovani che hanno ritrovato la speranza e la voglia di ricominciare, di famiglie che hanno ritrovato il sorriso e la serenità. Un'opera di bene incalcolabile che niente e nessuno possono scalfire, possono intaccare. Eppure nella sua vita ne ha sopportato di cattiverie, ma il “Don” ha continuato imperterrito con tenacia e testardaggine nel suo cammino confidando sempre e solo nella provvidenza. Chi dedica la vita agli altri è un benefattore, ecco don Pierino lo è stato perché ha dedicato la sua vita agli altri, ma non gli altri e basta. Ai più deboli, ai derelitti, a quelli che la società teneva (e tiene) ai margini, ai tossici incalliti e strafatti di qualsiasi stupefacente. Lui invece li accoglieva, li aiutava, li amava perché in ognuno di quei ragazzi rivedeva Alfredo. Migliaia e migliaia sono i giovani passati per le Comunità Incontro, che ce l'hanno fatta grazie a don Pierino. Oggi lo piangono e le loro lacrime sono vere perché vengono dal cuore. Forse si sentono soli perché il loro “Don” è morto. Ma non devono disperarsi perché hanno avuto la fortuna di incontrarlo, di conoscerlo e di amarlo. E devono pensare che quello che ha creato il “Don” non muore con lui, continuerà a vivere perché lui voleva così, perché si è scelto dei collaboratori che lo hanno aiutato fin dal primo momento in quest'impresa o forse più giusto in questa missione. Un'impresa-missione che solo un uomo speciale come don Pierino poteva realizzare. Un'impresa-missione semplice e grande secondo cui il drogato è una persona da amare e che solo con l'amore si sconfigge la droga.
Il “Don” è stato anche un prete che quando la sua tonaca è stata insozzata da pesanti accuse ha preferito ridursi allo stato laicale per continuare a urlare la sua innocenza non smettendo per un giorno per un'ora di aiutare i suoi ragazzi, di aprirgli le porte della Comunità ma soprattutto del cuore. Uno che riesce a ricostruire vite spezzate è un modello da seguire, da non dimenticare mai. In questo momento al “Don” possiamo solo dire grazie, promettendogli che le sue creature continueranno a vivere nella sua memoria, nel suo insegnamento e nel suo ricordo.
Allora grazie “Don” per il bene che hai fatto. Uomini come te non muoiono mai dentro di noi.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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